“La solidarietà della gente comune nei confronti della magistratura stride con qualche silenzio assordante delle istituzioni rispetto al pericolo della potenza mafiosa che ancora appare in Sicilia e nel Paese assolutamente immanente e concreto”. Lo ha detto il pm Nino Di Matteo a Sky tg24 commentando il corteo con oltre mille persone promosso lunedì scorso per esprimere solidarietà ai magistrati che indagano sulla trattativa Stato-mafia, dopo le minacce pronunciate in carcere dal boss Totò Riina.
“C’è tanta gente che guarda al lavoro dei magistrati – ha osservato Di Matteo – con grande ottimismo. E soprattutto pretende che venga fatta verità e giustizia sui fatti che hanno caratterizzato il passaggio tra la prima e la seconda Repubblica”. “E inoltre forse è la prima volta – ha affermato il pm – che a Palermo tanta gente scende per strada per stare vicina ai magistrati prima che accadano fatti di sangue. Tutto ciò conforta e costituisce anche uno scudo contro certi pericoli di isolamento e delegittimazione che sono sempre dietro l’angolo”.
MAFIA E RIINA. “Sarebbe grave errore pensare ad una definitiva sconfitta della mafia. In altre fasi storiche lo Stato è caduto in questo errore, speriamo non si verifichi anche adesso”. Ha sottolineato ancora Di Matteo. “Rispetto a 20 anni fa la mafia è indebolita – ha aggiunto – soltanto da un punto di vista numerico ovvero di uomini capaci di compiere i più efferati delitti ma non come pericolosità. È una mafia diversa che continua a intrattenere rapporti con la politica, l’imprenditoria e le istituzioni che tende a mimetizzarsi e a confondere i propri soldi provento dei delitti classici con denaro apparentemente puliti”. “Il boss Totò Riina – ha proseguito – ha condotto sempre una strategia di attacco frontale alle istituzioni. È un soggetto che potrebbe essere in grado di comandare ancora dal carcere”.
NAPOLITANO. “La conduzione di un processo deve seguire le regole e quindi deve citare i testimoni quando la loro deposizione si palesa come possibilmente pertinente e rilevante”, ha continuato Di Matteo a proposito della testimonianza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Le ragioni di opportunità di cui tanto abbiamo letto e ascoltato – ha aggiunto – non devono appartenere alla scelta processuale del magistrato”.