Ammonta a 52,9 milioni il budget gestito dai gruppi parlamentari nella scorsa legislatura finito sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Palermo che indaga sulla spesa dei fondi pubblici: si tratta di fondi assegnati dal Parlamento in base alle regole in vigore fino all’estate di due anni fa, poi modificate con l’introduzione delle rendicontazioni.
Nel 2012 i gruppi incassarono 12,65 milioni di euro, 13,72 milioni l’anno precedente e la stessa cifra nel 2010. Due i canali di finanziamento previsti in quel periodo: il “contributo per le spese legate allo svolgimento dell’attività parlamentare” pari a 4.178 euro assegnato per ogni deputato aderente al gruppo e un contributo di 3.750 euro al mese per ogni parlamentare.
Con il primo canale di finanziamento i gruppi dovevano pagare il portaborse, eventuali consulenti e manifestazioni con finalità istituzionali. Fino alla primavera di due anni fa queste somme venivano caricate direttamente nella busta paga del parlamentare, dunque non facilmente controllabili. Alla fine del 2012 la metà della somma venne erogata in busta paga e ogni deputato ogni quattro mesi doveva fornire le pezze d’appoggio che giustificavano le spese; l’altra metà della somma invece veniva assegnata dal gruppo parlamentare al singolo deputato ogni mese ed era necessaria un’autocertificazione.
Per quanto riguarda il secondo canale di finanziamento, cioè il contributo a ogni deputato, il gruppo tratteneva i fondi con i quali pagare i dipendenti e le spese di funzionamento (stampanti, fotocopiatrici, convegni e consulenti). Un’altra fonte di finanziamento era legata all’utilizzo dei cosiddetti dipendenti “stabilizzati”, un bacino di 86 persone: se il gruppo vi faceva ricorso riceveva il contributo per il pagamento degli stipendi.