Almaviva, il duro attacco di Marco Tripi: | “Delocalizzazioni brutali e il governo latita”

di Maria Teresa Camarda

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Almaviva, il duro attacco di Marco Tripi: | “Delocalizzazioni brutali e il governo latita”

| lunedì 05 Maggio 2014 - 16:32

“Gli effetti delle delocalizzazioni sono brutali, ma non abbiamo alcuna intenzione di voltarci dall’altra parte e abbandonare i nostri lavoratori”. Parola di Marco Tripi, presidente di Almaviva Contact, che, stanco del rimpallo di responsabilità della politica, ha annunciato l’intenzione di schierarsi al fianco dei sindacati e dei propri lavoratori il prossimo 4 giugno nel giorno dello sciopero nazionale di tutti i call center in outsourcing, che culminerà con una grande manifestazione a Roma. “Sarebbe più facile per tutti – prosegue Tripi – se decidessimo di pensare ad altro, di concentrarci sulle altre attività del gruppo, se delocalizzassimo anche noi all’Estero, ma non lo faremo”.

Una crisi, quella dei contact center, che avete definito “gravissima” a causa del fenomeno, ormai diffusissimo nel mercato italiano, delle delocalizzazioni?

“Gli effetti delle delocalizzazioni sono brutali, ormai circa il 20 per cento dei volumi di tutto il mercato sono stati trasferiti all’Estero e questo crea anche gravi conseguenze sulle tariffe. Quelle praticate in Albania, per esempio, sono un quarto di quelle applicate nel nostro Paese e questo sta letteralmente uccidendo il mercato italiano. Il confronto tra i due mercati, infatti, non permette di reggere la concorrenza perché saremmo obbligati ad applicare tariffe che sono ben inferiori al costo del lavoro in Italia senza tenere conto della totale mancanza di regole contrattuali applicate nei paesi fuori dalla Comunità Europea. Non è comunque nostra intenzione – ma fortunatamente non è nemmeno possibile – portare i costi del lavoro al di sotto del minimo del contratto delle telecomunicazioni. Le ricadute delle delocalizzazioni dunque sono duplici, sui volumi e sulle tariffe. Esempio ne è il fatto che progressivamente stanno entrando in crisi moltissime imprese del settore e le uniche che non denunciano sofferenze sono quelle che stanno delocalizzando parti rilevanti delle proprie attività”.

Avete chiesto al Ministero per lo Sviluppo economico di aiutarvi a trovare delle soluzioni? Quali risposte avete ottenuto?

“Le soluzioni, se possibili, le troviamo noi. Quello che chiediamo alle Istituzioni è verificare la corretta applicazione delle leggi ed i motivi della mancata attuazione di altre. Siamo ancora in attesa. L’interlocuzione con il Mise è partita dalla Sicilia (regione dove il gruppo Almaviva Contact ha il maggior numero di dipendenti, n.d.r.), la Regione ha chiesto ben due volte l’apertura di un confronto nazionale sulla nostra vertenza, e più in generale sulla crisi del settore, e ancora non è arrivato nessun invito a incontrarci. Cosa ancora più strana è che ai primi di febbraio – anche a seguito della manifestazione che ha visto migliaia di nostri lavoratori in piazza – siamo stati convocati, azienda, sindacati e istituzioni locali, dal Prefetto di Palermo e nemmeno così, nonostante la Prefettura rappresenti lo Stato centrale nei territori e abbia puntualmente preso nota di tutte le gravi problematiche evidenziate, siamo stati ascoltati a Roma. Non sono ancora riuscito a capire se il problema è che la Sicilia viene tenuta in poca considerazione a livello centrale – nonostante l’impegno concreto e costante di alcuni esponenti politici locali e rappresentanti dell’Esecutivo. Forse avremmo dovuto capirlo dopo la chiusura dello stabilimento Fiat: da quanti anni è che si parla dello stabilimento di Termini Imerese? E nessuno ha mai proposto una reale soluzione. Stessa cosa mi pare stia accadendo per la quasi totalità delle grandi aziende presenti sul territorio siciliano. Quando i problemi non sono più risolvibili è purtroppo più facile per tutti dichiararsi impotenti e prendere semplicemente atto della situazione. Ma noi non ci tireremo mai indietro dal proteggere i nostri lavoratori, anche se per molti sarebbe più conveniente che la vicenda si chiudesse in questo modo”.

Ma fino a quando potrete sostenere questa vostra battaglia?

“Con un certo ottimismo, direi ancora pochi mesi. Delocalizzazioni selvagge, mancato rispetto delle regole e delle leggi, tassazioni infinite, assenza di politiche industriali da parte delle Istituzioni centrali e locali: è questo quello che dobbiamo affrontare ogni giorno. Esistono diverse situazioni legislative che a nostro avviso lo Stato deve verificare accuratamente o deve ancora attuare. Purtroppo in Italia di fronte ai problemi di diversi settori industriali siamo abituati a far passare mesi – se non anni – senza intervenire e, d’altronde, esiste un solo modo per attirare l’attenzione: dichiarare migliaia di mobilità. Potremmo farlo anche noi ma mi sembrerebbe irrispettoso e offensivo nei confronti dei lavoratori. Inoltre, come dovrei scegliere chi dichiarare in esubero fra migliaia di persone che – nella stragrande maggioranza dei casi – hanno sempre fatto il loro dovere? Faccio un sorteggio? Noi preferiamo parlare di politica industriale in accordo e non contro i diritti dei lavoratori”

Proprio in Sicilia, in particolare a Palermo, c’è anche un altro problema da affrontare: quello della individuazione di una sede dove riunire i due call center ex Alicos ed ex Cosmed. Avete già individuato un edificio utile allo scopo?

“I problemi di Palermo vanno oltre quello della sede e riguardano ad esempio – ma non solo – una particolare concentrazione di attività delocalizzate o la crisi storica del cliente Alitalia. Sarebbe doveroso che la Regione siciliana, il Comune di Palermo e il Comune di Catania si impegnassero sempre di più in questa battaglia che coinvolge l’azienda con il maggior numero di lavoratori nell’Isola. Dovrebbero muoversi tutti in maniera più coordinata. Riguardo comunque al solo problema della sede abbiamo individuato un edificio che potrebbe essere idoneo, ma servirebbe investire milioni di euro per la ristrutturazione e il trasferimento. Ovviamente se i processi di delocalizzazione continuano e contemporaneamente le Istituzioni non chiariscono l’ambito giuridico in cui operiamo è impossibile procedere. La nuova sede deve infatti rientrare in un piano industriale più ampio e solo questo può rappresentare una vera garanzia per i nostri lavoratori. Nel frattempo come stabilito confermo che entro la prossima estate la sede legale dell’area CRM del Gruppo sarà a Palermo a ulteriore dimostrazione che quello che diciamo facciamo e non andiamo in cerca di scuse per uscire dalla Sicilia. Certamente, però, non possiamo continuare all’infinito a contare sulle risorse messe a disposizioni dai Soci del Gruppo – non dobbiamo dimenticare che, non più tardi di un anno fa, hanno fatto un aumento di capitale di circa 50 milioni di euro – ed è arrivato il momento di comprendere definitivamente se ci sia o meno un concreto futuro per le nostre attività”.

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