Greta Ramelli e Vanessa Marzullo hanno raccontato ai magistrati della Procura di Roma i cinque mesi della loro prigionia. Le due cooperanti, trattenute in ostaggio in Siria dal 31 luglio scorso, hanno rivelato al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e i pm Francesco Scavo e Sergio Colaiocco che i carcerieri sono sempre stati a volto coperto, parlavano in arabo, e più volte hanno cambiato il luogo dove erano rinchiuse ma sempre nel nord della Siria. Le volontarie hanno confermato di non essere state molestate sessualmente ma hanno anche riferito di essere state trattate duramente. Sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta per sequestro di persona a scopo di terrorismo.
Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, in aula aveva riferito in Parlamento. Al centro del discorso il presunto riscatto di 12 milioni pagato dal Governo: “Un grande Paese si impegna per liberare i propri cittadini sequestrati. Sul riscatto illazioni prive di fondamento”. Ha esordito così il ministro che ha ringraziato i servizi e l’unità di crisi della Farnesina e tutte le autorità “che con un gioco di squadra hanno portato ad un risultato importantissimo”. Sul tema del riscatto, Gentiloni ha puntualizzato di aver “letto ricostruzioni prive di reale fondamento e veicolate da gruppi terroristici. Siamo contrari a ogni tipo di riscatto”.
All’arrivo in Italia Greta è scoppiata a piangere. “Scusa mamma se ti ho fatto tanto male – ha detto – ci scusiamo entrambe… con voi e con tutta l’Italia. Non tornerò mai più in Siria”. Anche Vanessa è riuscita a dire qualcosa: “Eravamo andati laggiù solo per aiutare i bambini, quello era l’obiettivo del nostro viaggio”.
“L’Italia in tema di rapimenti – ha continuato – si attiene a comportamenti condivisi a livello internazionale, sulla linea dei governi precedenti. Per noi la priorità è sempre la tutela della vita e integrità fisica dei nostri connazionali. Considero inaccettabile che qualcuno abbia detto che Vanessa e Greta se la siano cercata. L’Italia ha bisogno di questi cooperanti e di questi volontari”.
Il ministro, infine, ha assicurato che si tratta ancora per Paolo Dall’Oglio e per il siciliano Giovanni Lo Porto sequestrati rispettivamente in Siria e in Pakistan il 29 luglio 2013 e il 19 gennaio 2012. “Due vicende – ha concluso il titolare degli Esteri – alle quali stiamo lavorando con il massimo impegno e con discrezione giorno per giorno”.