Alcune frasi sono di particolare durezza. E a scriverle è il Tribunale del riesame di Catania: 109 pagine in cui sono scritte le motivazioni che hanno portato il 3 gennaio scorso a decidere la conferma degli arresti in carcere per Veronica Panarello, la donna accusata di avere ucciso il figlio Loris di 8 anni, il 29 novembre scorso a Santa Croce Camerina, nel Ragusano.
Veronica Panarello, ha “una capacità elaborativa di una pronta strategia manipolatoria” e una “insospettabile tenuta psicologica” che supportano “il giudizio di elevatissima capacità criminale“. “Ha simulato un omicidio a sfondo sessuale quando fu lei a liberarsi del figlio perché costituiva un intralcio per i suoi piani”. Sono queste alcune delle frasi riportate nel documento con le motivazioni.
La mamma del piccolo Loris secondo i giudici “con agghiacciante indifferenza, ha agito da lucidissima assassina manifestando una pronta reazione al delitto di cui si è resa responsabile” con la “volontà di organizzare l’apparente rapimento del figlio Loris“. Veronica Panarello ha tenuto una “sconcertante glacialità nell’ordire la simulazione di un rapimento a scopo sessuale”, una “impressionante determinazione nel liberarsi del cadavere del figlio, scaraventandolo nel canalone” per “lucidamente occultare le prove del crimine”.
“L’indagata – aggiunge il Riesame – ha agito in preda ad uno stato passionale momentaneo di rabbia incontenibile per il fallimento del piano mattutino che evidentemente quel giorno non prevedeva l’ingombrante presenza del suo primogenito. Con glaciale freddezza, servendosi delle forbici che, in sede di indagini, sono state rinvenute nella cameretta del figlio, ha quindi rimosso le scottanti fascette che doveva eliminare perché facenti parte della confezione acquistata dal marito, conservata nello sgabuzzino di casa” scrive il giudice.
“È evidente il rischio di inquinamento probatorio – continua il Riesame – per la necessità di preservare le indagini dal concreto rischio di contaminazione di cui l’indagata potrebbe rendersi artefice”. Per la Panarello, secondo i giudici, “sussiste il rischio di recidivanza” perché ha dimostrato un’“odiosissima crudeltà e assenza di pietà” nel delitto con “una totale incapacità di controllo della furia omicidiaria”.