Copti, musulmani e cattolici si sono stretti stamane a Catania attorno alle bare di 13 migranti morti nel naufragio avvenuto il 18 aprile scorso al largo della Libia che ha causato la morte di circa 700 persone. Ai 13 oggi è stato dato l’estremo saluto con una funzione funebre interreligiosa che si è celebrata nella corte di Palazzo dei Chierici, alla presenza dei rappresentanti delle tre religioni.
Alla funzione hanno preso parte, tra gli altri, il sindaco Enzo Bianco, il prefetto Maria Guia Federico, l’arcivescovo mons. Salvatore Gristina, il rappresentante della Chiesa copta d’Egitto Abona Bola, il vicepresidente della comunità islamica di Sicilia Ismail Bouchmafa e il responsabile della Comunitá di Sant’Egidio Emiliano Abramo. “La città di Catania – ha detto Bianco nel suo intervento – rivolge un omaggio a queste persone, e alle molte altre di cui non recupereremo mai i corpi, che hanno lasciato la loro terra per inseguire un sogno che si é infranto dopo mille sofferenze ma che credo sia dovere di un continente come l’Europa di grande civiltà non dimenticare”.
Le tredici salme, recuperate dalla Marina Militare e trasportate la settimana scorsa nel capoluogo etneo, saranno tumulate nel cimitero di Catania insieme a quelle dei 17 migranti morti nel naufragio avvenuto nel Canale di Sicilia il 12 maggio dello scorso anno. Le vittime, tutte verosimilmente nordafricane, di sesso maschile e con un’età compresa tra i 23 e i 30 anni, non sono state ancora identificate ma durante gli accertamenti tecnico legali sono stati prelevati tessuti per ricostruire il Dna. Le bare su indicazione del Prefetto sono state prelevate da un’azienda confiscata alla mafia.
“Nessuno, né persona, né istituzione – ha detto parlando con i giornalisti Mons. Gristina – può tirarsi indietro: tutti siamo impegnati. Oggi abbiamo pregato e la preghiera non è evasione, è innanzitutto ricordare tutti i fratelli e le sorelle che hanno trovato la morte in queste condizioni ma significa anche l’umile consapevolezza che si tratta di un grande problema è che abbiamo bisogno di lavorare tutti uniti”. “Per noi e per la comunità mondiale – ha detto Bouchmafa – é l’ennesima tragedia del mare. Si dovrebbero legalizzare le partenze dai Paesi d’origine evitando in questo modo la mercificazione dell’essere umano e si dovrebbe cercare un piano di sviluppo nei Paesi di appartenenza”. Il rappresentante della Chiesa copta d’Egitto Abona Bola parlando con i giornalisti ha detto: “Forse tra le vittime del naufragio in cui sono morti queste tredici persone ci sono i sessanta ragazzi partiti dalla città di Asut dei quali non abbiamo avuto più notizie. La barca é partita e non é più tornata. Non sappiamo dove siano andati. Ogni settimana parte una barca dell’Egitto”