Più luce sul fenomeno del pizzo in provincia di Palermo. I carabinieri hanno eseguito 22 provvedimenti cautelari nei confronti di capi e gregari del mandamento mafioso di Bagheria, accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, sequestro di persona e danneggiamento a seguito di incendio. Dei 22 boss ed estorsori raggiunti dal provvedimento cautelare solo cinque erano liberi.
“Grazie al coraggio di chi rifiuta ricatti, grazie a Carabinieri e inquirenti. Bagheria non è cosa loro”. Così il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, commenta su Twitter l’operazione antimafia a Bagheria.
LE STORIE DEGLI IMPRENDITORI VITTIME DEL RACKET
Le indagini avviate nel 2013 hanno evidenziato la soffocante pressione estorsiva esercitata dai boss che, dal 2003 al 2013, si sono succeduti ai vertici del clan. Cinquanta le estorsioni scoperte.
Questi i nomi degli arrestati: Carmelo Bartolone, Andrea Fortunato Carbone, Francesco Centineo, Gioacchino Antonino Di Bella, Giacinto Di Salvo (detto “Gino), Luigi Di Salvo (detto “U Sorrentino), Nicolò Eucaliptus (detto “Nicola”), Pietro Giuseppe Flamia (detto “il Porco), Vincenzo Gagliano, Silvestro Girgenti (detto “Silvio”), Umberto Guagliardo, Rosario La Mantia, Salvatore Lauricella, Pietro Liga, Lombardo Francesco, Francesco Mineo, Gioacchino Mineo (detto “Gino), Onofrio Morreale, Giuseppe Scaduto, Giovanni Trapani, Giacinto Tutino.
Grazie alla dettagliata ricostruzione fornita da 36 imprenditori che hanno trovato il coraggio, dopo decenni di silenzio, di ribellarsi al giogo del “pizzo” è stato possibile tracciare la mappa del racket.
Gli estortori colpivano a tappeto. Dall’edilizia a ogni attività economica locale che portasse guadagni: negozi di mobili e di abbigliamento, attività all’ingrosso di frutta e di pesce, bar, sale giochi, centri scommesse.
“Trentasei imprenditori hanno ammesso di avere pagato il pizzo. Alcuni di loro sono stati sottoposti a vessazioni per anni. E’ la breccia che ha aperto la strada per assestare un nuovo colpo a Cosa nostra, segno che i tempi sono cambiati e che imprenditori e commercianti finalmente si ribellano”. Così il colonnello Salvatore Altavilla, comandante del Reparto operativo dei carabinieri di Palermo, ha commentato l’ultimo blitz dell’Arma contro la cosca di Bagheria reso possibile dalle denunce delle vittime del racket.