Asima aveva 24 anni ed era cristiana. Potremmo dire che la sua fede l’ha condannata a morte. Ma sbaglieremmo. Perché ad ucciderla, è stato il suo fidanzato, Rizwan Juggar, che voleva sposarla. Asima, però, glielo impediva ostinatamente. Perché si rifiutava di convertirsi all’Islam.
Così Rizwan ha cosparso la sua amata Asima di cherosene. E le ha dato fuoco. La giovane 24enne, con il corpo completamente ricoperto di ustioni, è stata portata urgentemente all’ospedale di Lahore. E, oggi, in quell’ospedale, è morta.
Il racconto del padre: Rizwan la stava aspettando per ‘punirla’
La gravità delle ustioni ha impedito qualsiasi rimedio. A indicare le cause del decesso (inevitabile), sono le stesse fonti sanitarie che avevano annunciato il suo tempestivo ricovero. Dopo la sua morte, Jaqoob Masih, il padre di Asima, vuole ricostruire la terrificante vicenda che gli ha portato via la giovane figlia. Asima, infatti, lavorava come domestica. E, ieri pomeriggio, tornava dal suo lavoro. Il suo promesso la stava aspettando, in una strada di Sialkot. I due si incontrano. Non sapremo mai cosa si dicono. Quasi certamente, però, il gesto è premeditato. Asima, forse, ribadisce il suo rifiuto. E Rizwan la brucia, viva. Poi fugge, ma è braccato dalla polizia. Quando viene arrestato, grida. Non voleva uccidere la sua promessa sposa, voleva solo spaventarla. Per lui si apriranno, a breve, le porte del tribunale speciale di Lahore. Per Asima, invece, non c’è più speranza.
Asima come Sana: un orrore senza fine
Sana Cheema era una coetanea di Asima: aveva poco più di 24 anni. Come Asima, era pakistana ma era cresciuta lontano dal suo paese di origine. Viveva a Brescia. Viveva perché ieri è morta, uccisa dal padre e dal fratello, sgozzata dagli uomini che, più di tutti, avrebbero dovuto amarla, rea di aver rifiutato un matrimonio combinato.
Come Sama e come Asima, una studentessa universitaria pakistana si rifiutava di sposare un uomo che non amava. Qualche giorno fa, si trovava alla fermata dell’autobus, nello stato del Punjab. Era in compagnia di due colleghe, colpevoli di sostenerla nel suo folle rifiuto. Due moto si avvicinano alle studentesse. Tre giovani, a bordo, brandiscono una bottiglia, l’arma con cui sfregiano con l’acido i volti delle tre ragazze. E le indagini svelano la terrificante verità: ad organizzare la spedizione punitiva sarebbero stati i parenti della giovane che aveva osato ribellarsi. Potremmo dire che a condannare queste ragazze alla morte o alla mutilazione, è stato il loro rifiuto. Ma sbaglieremmo. La follia delle loro famiglie le ha uccise, perché Asima, Sama e le tre studentesse erano colpevoli. Colpevoli di aver espresso una scelta.