Avanti: “La riforma è incostituzionale, i costi della politica aumenterebbero”. Tutti gli errori della proposta Crocetta

di Redazione

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Avanti: “La riforma è incostituzionale, i costi della politica aumenterebbero”. Tutti gli errori della proposta Crocetta

| martedì 05 Marzo 2013 - 20:02

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PALERMO, 5 MARZO 2013 – Il disegno di legge sull’abolizione delle Province è incostituzionale. Il Presidente dell’Urps, Giovanni Avanti, presidente della Provincia di Palermo, lo ha ribadito alla commissione Affari Istituzionali dell’Ars, nel corso un’audizione durante la quale ha illustrato la proposta dell’Unione per una riforma delle Province.

Dati alla mano Avanti ha spiegato perché le norme varate dal governo Crocetta sarebbero incostituzionali, a quali rischi si va incontro e quale potrebbe invece essere la strada percorribile. Il presidente dell’Urps cita intanto la Costituzione, il riconoscimento delle autonomie locali fra i principi fondamentali della carta e l’impossibilità delle Regioni a statuto speciale di cancellarle, impossibilità ribadita anche da diverse sentenze della Corte costituzionale. 

“L’Unione delle Province siciliane – sottolinea Avanti – ha presentato una proposta di riforma articolata in quattro punti principali: la conferma dell’elezione diretta del Presidente e del Consiglio; un taglio sensibile del numero di assessori e consiglieri; una rivisitazione organica delle competenze fra Regione, Comuni e Province, l’accorpamento in capo alle Province di tutta una serie di enti e carrozzoni inutili, dagli Ato, agli Iacp fino ai Consorzi di Bonifica che costano alla Regione 50 milioni di euro l’anno. Una proposta ragionevole, frutto di studi e di analisi che si pone in armonia con l’intero sistema degli enti locali siciliani, evitando decisioni prese sull’onda dell’emotività e di spinte varie che rischiano di avere pesanti conseguenze sui cittadini e sulla finanza pubblica negli anni a seguire”.

In particolare la proposta dell’Urps prevede che Presidente e consigli continuino ad essere eletti direttamente ma taglia drasticamente i vertici: un presidente e due assessori, da 10 a 20 consiglieri a secondo della popolazione di riferimento. Il progetto prevede poi una Conferenza permanente dei sindaci con funzioni consultive in alcuni settori strategici e una serie di competenze aggiuntive per le Province fra cui l’approvazione degli strumenti urbanistici, la delega delle funzioni amministrative dalla regione in materia di turismo, sport e spettacolo, la programmazione della grande distribuzione. Secondo questa proposta le Province prenderebbero in carico anche le competenze di una serie di altri enti e, soprattutto, sostituirebbero gli Ato rifiuti, invertendo la riforma già avviata dalla Regione. Nella proposta si contempla anche il taglio dei rimborsi ai datori di lavoro per i permessi retribuiti dei consiglieri.

Avanti smonta poi l’ipotesi del governo Crocetta che prevede l’aggregazione dei Comuni in consorzi con una popolazione di almeno 150 mila abitanti e l’elezione indiretta dei vertici, attraverso una designazione degli stessi Comuni. “Questo meccanismo – spiega Avanti – porterebbe ad aumentare in misura esponenziale il nascere di nuovi soggetti giuridici. Verrebbero istituiti infatti più consorzi rispetto alle attuali nove Province, con aggravio dei costi. A parte il fatto che i liberi consorzi dei Comuni già esistono e non sono altro che le attuali Province regionali così come definite dalla legge regionale 9 del 1986 e alle quali i comuni siciliani hanno aderito con delibera dei rispettivi consigli comunali. Nel 1986 il legislatore mantenne la dizione Province per rimanere nell’ambito del dettato costituzionale. Bisogna poi considerare una serie di aspetti non di poco conto: i liberi consorzi non potrebbero, ad esempio, attivare alcun tipo di tassazione locale. Ma non solo: il patrimonio immobiliare delle Province a chi andrebbe trasferito? E le competenze sugli istituti superiori che la riforma vorrebbe trasferire ai Comuni siciliani: vorrei sapere con quali fondi i Comuni, che come è noto si trovano in grande difficoltà finanziarie se non addirittura in dissesto, potrebbero far fronte al funzionamento degli istituti scolastici e chi provvederà alla programmazione dell’edilizia scolastica. Le questioni sono tante e una scelta frettolosa rischia di creare problemi che probabilmente non sono stati ben valutati”.

Avanti riserva un passaggio anche sulla democraticità della scelta: “L’abolizione dell’elezione diretta – aggiunge – rappresenterebbe una negazione della democrazia, una sorta di restaurazione e di ritorno al passato, che favorirebbe la nomina ai vertici dell’ente intermedio di rappresentanti scelti dai partiti piuttosto che dai cittadini”.

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