Grasso risponde a Travaglio citando Falcone: “Bisogna morire per essere credibili?”

di Redazione

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Grasso risponde a Travaglio citando Falcone: “Bisogna morire per essere credibili?”

| lunedì 25 Marzo 2013 - 22:00

grasso piero

ROMA, 25 MARZO 2013 – Il presidente del Senato, Piero Grasso, risponde alle accuse lanciate la settimana scorsa da Marco Travaglio. Lo fa da Corrado Formigli a “Piazzapulita” su la7.

 

 

“L’accusa più’ infamante, che mi brucia di più, è quella di essere colluso col potere, di fare inciuci col potere. Soprattutto l’accusa di avere ottenuto leggi a mio favore. Ottenere significa richiedere, e io non ho mai chiesto niente a nessuno”. Dice Grasso che risponde all’accusa di aver ottenuto la nomina a procuratore nazionale antimafia con una norma che escludeva Gian Carlo Caselli. “La legge fu fatta contro Caselli – ha sottolineato Grasso – ma al Csm avrebbero potuto deliberare prima la nomina, la legge non poteva avere effetto retroattivo. C’era la possibilità”.

 

Poi l’ex magistrato parla di mafia: “La mafia ha le sue relazioni e collusioni con la politica. Non si può indagare sulla mafia senza imbattersi nella politica. Il problema è come si indaga su questo rapporto”. E poi aggiunge “Falcone diceva che per essere credibili forse bisogna morire, qualcuno gli contestava di essere rimasto vivo… Non si possono estrapolare fatti singoli per sporcare la credibilità di una persona – ha proseguito Grasso -. Nella Procura di Palermo si diceva ci fossero veleni, ma in realtà c’era una dialettica interna sulle indagini. Mi è stato contestato di aver archiviato l’indagine su Schifani, ma dagli atti si può vedere che un’indagine sulla stessa persona era stata archiviata anche da Caselli, così’ come è avvenuto nel 2012″.

 

“Io nel processo Andreotti ero testimone – ha spiegato Grasso rispondendo alle domande di Formigli -. Se avessi firmato l’appello non avrei potuto essere chiamato come testimone. Non ho lasciato da soli i magistrati della Procura di Palermo”. “C’erano metodologie diverse di indagine – ha proseguito -. Nel ’99 quando arrivai io dovevo ricominciare dalla base, attaccando la base militare, e mi diedi una linea guida, era nel mio potere gestire l’ufficio di cui ero responsabile. A tagliare fuori alcuni sostituti non fui io, ma il Csm, che aveva stabilito che dopo 8 anni dovevano uscire dalla Dda. Io avevo anche chiesto una proroga di altri due anni per non disperdere le professionalità dell’ufficio, ma il Csm fu irremovibile”.

Poi Grasso parla della trattativa Stato-mafia: “A volte si possono intuire delle cose e non riuscire a dimostrarle, ma nelle indagini non si va per opinioni, si va per dimostrazione dei fatti. C’è già una sentenza sulla strage di Firenze, che parla di trattativa – ha proseguito -. Ma la trattativa comporta la conclusione di un accordo, e questo deve essere ancora pienamente dimostrato”. Secondo Grasso “bisogna assolutamente cercare la verità, le vittime e il paese chiedono la verità su questa parte della nostra storia. Io stesso ho chiesto di poter varare una commissione sulle stragi. Ci può essere un certo filo che collegale stragi terroristiche alle stragi mafiose. Ci possono essere ancora cose più gravi da scoprire che una semplice trattativa sul 41 bis”.

 

Infine Grasso è chiamato a commentare la sentenza di condanna inflitta a Marcello Dell’Utri: “Una condanna di un imputato un magistrato non la può considerare una vittoria o una sconfitta. Quello che deve fare riflettere è che le indagini sono iniziate nel ’94 e ancora non si ha una risposta definitiva della giustizia, è un fatto drammatico per il Paese”.

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