Quando la musica diventa causa di lite condominiale. I consigli dell’avvocato per evitare il tribunale

di Redazione

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Quando la musica diventa causa di lite condominiale. I consigli dell’avvocato per evitare il tribunale

| giovedì 11 Aprile 2013 - 08:42

pianoforte

PALERMO, 11 APRILE 2013 – Da Palermo a Messina la musica “condominiale” può finire in tribunale.

 

C’è la signora del terzo piano che insegna pianoforte e (dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18 per cinque giorni la settimana) i cui allievi deliziano l’intera scala con scale armoniche ripetute all’infinito; c’è anche chi suona il sassofono, così per rilassarsi, nelle ore serali; c’è chi ama condividere rap e house alzando il volume sino ai limiti dell’intollerabilità. Piccole storie di condominio che si ripetono in ogni città di ogni latitudine, segnali che la convivenza già complicata nella stessa casa tra persone che si amano diventa più che problematica nello stesso palazzo tra chi a stento si sopporta.
Come risolvere il problema “musicale” senza per forza appesantire il carico dei processi italiani? Un aiuto lo abbiamo chiesto all’avvocato Luca Insalaco. Perché a volte conoscere le norme attenua le aspettative e consente di affrontare le situazioni con consapevolezza e, speriamo, con minore aggressività.

 

La musica ed in genere i rumori occupano un posto di rilievo nella casistica delle liti condominiali. Che sia l’esercizio di un professionista oppure la musica che fuoriesce dalle casse di uno stereo, il risultato non cambia: i rapporti di buon vicinato ne escono quasi sempre compromessi.

Nel caso dell’insegnante di musica, per valutare la fondatezza delle rimostranze dei condomini, occorre valutare due tipi di regolamento. In primo luogo, il regolamento di polizia urbana del suo comune. Quello di Palermo, ad esempio, pone il divieto di fare nelle case “rumori incomodi al vicinato ed uso eccessivo di strumenti di apparecchi musicali o radiofonici, specialmente dalle ore 22 alle ore 8” (art. 60).

In secondo luogo, si deve analizzare il regolamento condominiale. Tale documento può imporre limitazioni particolari alle facoltà inerenti la proprietà esclusiva e tutelare la tranquillità dei condomini, ponendo restrizioni in alcune fasce orarie o per particolari attività. Il regolamento, solo per fare un esempio, potrebbe vietare che le unità abitative siano adibite a scuola di musica oppure che possano ospitare laboratori medici e studi professionali.

Nel silenzio del regolamento condominiale, bisogna fare riferimento all’art. 844 c.c.. La norma, di carattere generale, introduce il concetto di “normale tollerabilità” delle immissioni (potrà trattarsi di fumo, di esalazioni, di rumori, etc…), da intendersi come limite per la loro liceità. Per fissare tale limite, tuttavia, è necessario guardare alla natura ed alle condizioni dei luoghi.

 

Come ha avuto modo di affermare la Corte di Cassazione, il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non ha carattere assoluto ma, essendo relativo alla situazione ambientale, varia da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti. Talvolta, tuttavia, la giurisprudenza di merito ha applicato come criterio comparativo il rumore di fondo, reputando “intollerabili” le immissioni superiori di 3 decibel rispetto al livello sonoro di fondo.

In casi come questi, in definitiva, occorre guardare a quanto disposto dal regolamento municipale, al contenuto ed alla natura del regolamento di condominio, nonché procedere ad una valutazione delle concrete circostanze di fatto al fine di valutare la normale tollerabilità delle immissioni.

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Aut. del tribunale di Palermo n.20 del 27/11/2013
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