“Il Ciapi come un bancomat”: tutti i retroscena del sistema Giacchetto. Pagate le fatture di Sara Tommasi

di Redazione

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“Il Ciapi come un bancomat”: tutti i retroscena del sistema Giacchetto. Pagate le fatture di Sara Tommasi

| mercoledì 19 Giugno 2013 - 11:25

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PALERMO, 19 GIUGNO 2013 – Il Ciapi “usato come un bancomat” e le mazzette che, ogni tanto, venivano recapitate a domicilio all’interno di un bel mazzo di fiori.

 

Poi appartamenti di lusso in via Principe di Belmonte che venivano ceduti agli onorevoli, viaggi ed escort. Compreso un servizio fotografico pagato a Sara Tommasi ad un prezzo “fuori listino” che non giustifica l’utilizzo della sola immagine della dottoressa in Economia della Bocconi.

 

Al centro di tutto Fausto Giacchetto, anonimo pubblicitario agrigentino prima, “gigante” della pubblicità isolana fino a qualche mese fa, oggi in manette e dipinto da due suoi ex collaboratori (adesso collaboratori dei magistrati) come un manager pronto al ricatto e alle minacce per salvare il suo “sistema di corruzione”.

Che l’inchiesta sul Ciapi di febbraio scorso fosse l’inizio di un terremoto era già chiaro a tutti, non solo per i nomi dei coinvolti ma per lo squarcio che apriva sulla corruzione diffusa fra politica e affari siciliani con quei fondi europei che avrebbero dovuto avere ben altra destinazione. 

Mesi di indagini fra libri contabili, fatture e le dichiarazioni dei due “pentiti” che raccontano soprattutto di come li avesse “schiacciati” psicologicamente e poi di fatture di comodo, bonifici, regali costosi, campagne elettorali per i tanti politici che affollavano gli uffici di Giacchetto.

E ancora i viaggi: in Tunisia Giacchetto e due onorevoli spendono 36 mila euro; altri 12 mila euro vengono spesi a Capri in un viaggio al quale, secondo il pentito, avrebbe partecipato Francesco Scoma. E poi 3 mila euro per Sara Tommasi che secondo Giacchetto, come dichiara a verbale il pentito, non erano il compenso di un servizio fotografico.

Oggi la maxi operazione, che ha impegnato 150 finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Palermo. Due filoni, due “sodalizi criminosi” con un’unica regia. Arresti, 12 in carcere e 5 ai domiciliari e il sequestro del capitale sociale e dei beni aziendali di 5 società, nonché delle disponibilità patrimoniali e finanziarie riconducibili agli indagati, per un valore complessivo di oltre 28 milioni di euro. Eseguite inoltre circa 50 perquisizioni locali, fra abitazioni ed uffici.

 

La prima indagine – denominata “Mala Gestio” – ha riguardato l’illecita percezione e gestione di un contributo pubblico di 15 milioni di euro da parte del Ciapi di Palermo (Centro Interaziendale Addestramento Professionale Integrato, ente di formazione controllato dalla Regione Siciliana, di cui è socio di maggioranza) finanziato dal Fondo Sociale Europeo (F.S.E.) a valere sul POR 2000-2006 e finalizzato alla realizzazione del progetto CO.OR.AP. (COnsulenza, ORientamento ed APprendistato).

L’attività investigativa ha preso le mosse da una relazione dell’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode – O.L.A.F. – della Commissione Europea, redatta al termine di una ispezione amministrativa e dall’analisi della copiosa documentazione acquisita dalla Guardia di Finanza di Palermo presso il C.I.A.P.I. e i suoi fornitori, dalla quale è emerso, dopo mesi di indagini, un complesso disegno criminale che ha interessato non solo il progetto CO.OR.AP. ma l’intera gestione delle campagne pubblicitarie affidate, negli anni, al Ciapi di Palermo.

Figure “centrali” nell’ambito di tali vicende sono rappresentate dal Presidente pro tempore del Ciapi e dal Responsabile della comunicazione (account supervisor) dei diversi progetti gestiti dall’Ente. Il risultato 15 milioni di euro (relativi al solo progetto CO.OR.AP.) percepiti illecitamente e l’evasione di imposte dirette e Iva per oltre 40 milioni di euro circa.

Di queste somme, oltre 4,5 milioni di euro sono stati trasferiti ad altri soggetti (persone fisiche e giuridiche) attraverso la simulazione di operazioni immobiliari e l’emissione o l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, sempre per evadere il fisco. Secondo gli inquirenti “attraverso la sistematica corruzione di esponenti politici e dirigenti pubblici, il Responsabile della comunicazione del C.I.A.P.I. di Palermo, Fausto Giacchetto – ricorrendo anche ad un’articolata rete di società schermo formalmente gestite da teste di legno ma in realtà a lui riconducibili – ha instaurato, nel tempo, un capillare sistema di favoritismi e scambi grazie al quale è riuscito a pilotare in favore dell’ente ingenti contributi pubblici, dai quali ha tratto, a sua volta, illeciti profitti di vario genere, fra denaro e beni di lusso”.

Per gli investigatori la corruzione di rappresentanti della Pubblica Amministrazione “è stata perpetrata attraverso la dazione di somme di denaro in contanti, il riconoscimento di costosi benefit (fra cui viaggi e concessione in uso gratuito di immobili di pregio), l’illecito finanziamento delle campagne elettorali di noti esponenti politici e il pagamento di spese per l’acquisto di materiale per manifestazioni di carattere politico-elettorale”.

I reati contestati vanno dalla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, alla corruzione di pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio, alla frode fiscale e al finanziamento illecito di partiti e di singoli esponenti politici, al riciclaggio.

La seconda indagine, denominata “Sicilia Grandi Eventi” – ha riguardato le procedure di aggiudicazione di gare di appalto bandite dalla Regione Sicilia nel settore degli eventi pubblici. Anche grazie a intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, la Guardia di Finanza di Palermo ha ricostruito gli affari di un vero e proprio “cartello” costituito di fatto fra alcuni operatori economici in grado di condizionare l’esito delle varie procedure, attraverso una fitta rete di conoscenze e legami con funzionari pubblici e rappresentanti delle Istituzioni, alimentata da un diffuso “sistema” di favori, interessi e utilità di vario genere, compresa la corruzione di pubblici dipendenti (dirigenti e funzionari regionali), e con false fatturazioni.

Per gli investigatori Giacchetto indiscusso punto di riferimento per una vasta platea di soggetti (imprenditori e non) per l’ottenimento di benefici e vantaggi di natura economica” pilotava diverse gare pubbliche (per un valore di oltre 7 milioni di euro) concordando “a tavolino”, le imprese vincitrici. Gli accertamenti, in particolare, si sono incentrati su 3 appalti truccati in occasione di gare a procedura negoziata bandite dall’assessorato al Turismo della Regione Siciliana, nell’ambito delle quali Giacchetto con la complicità di funzionari e dirigenti regionali ha “pilotato” l’intero iter a favore delle sue imprese. Accertati anche tangenti, false fatture per un milione di euro.

I reati contestati sono corruzione, turbata libertà degli incanti e del procedimento di scelta del contraente, frode fiscale.Oltre agli arrestati denunciate 47 persone e 11 società.

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