Nigeria, liberato il tecnico siciliano Marcello Rizzo | La famiglia: “Questa è la fine di un incubo”

di Redazione

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Nigeria, liberato il tecnico siciliano Marcello Rizzo | La famiglia: “Questa è la fine di un incubo”

| giovedì 12 Dicembre 2013 - 21:15

Marcello Rizzo, il tecnico del catanese rapito lo scorso 6 dicembre in Nigeria, è stato liberato. La notizia arriva direttamente dalla Farnesina, che nei giorni scorsi si era mobilitata per la liberazione del geometra cinquantacinquenne.

L’uomo è un ‘project manager’ per la Gitto Costruzioni, società edile siciliana impegnata nella costruzione di un ponte sul Niger tra le città di Onistsha e Asaba. La prima ipotesi circolata era che si fosse trattato di un sequestro da parte del Mend, il gruppo di guerriglieri attivo nella regione del Delta del Niger.

In un secondo momento, poi era arrivata la notizia che il tecnico si trovava in realtà nelle mani di una banda criminale del luogo. Adesso la Farnesina annuncia la liberazione del siciliano.

”Quella della liberazione di  Marcello Rizzo, il tecnico italiano rapito una settimana fa in  Nigeria, è un’ottima notizia. Siamo vicini a lui e alla sua famiglia in questo momento di gioia” ha detto Federica Mogherini,  responsabile Affari esteri del Partito Democratico ”Il nostro pensiero – aggiunge – va anche a tutti gli  italiani che, nel mondo, si trovano in condizione di privazione  della libertà e ai loro cari. Siamo certi che l’impegno profuso  per la liberazione di Rizzo potrà portare presto a risultati positivi anche per loro”.

La gioia più grande è quella della famiglia di Marcello: “È la fine di un  incubo, siamo contentissimi”, ha detto Franco Amato, il cognato del geometra siciliano liberato – “A nome della famiglia – aggiunge – voglio ringraziare la Farnesina per  il grande lavoro che ha fatto e per la vicinanza. Sono stati  davvero eccezionali e noi gli siamo grati”.

E dal ministero degli Esteri, poco fa, è arrivata la telefonata che ufficializzava alla famiglia la notizia. “Ha  chiamato mio nipote – rivela Amato – per darci la bella notizia  e adesso non vediamo l’ora di riabbracciare Marcello. Sarà un  buon Natale anche noi e speriamo che lo sia per tutti”.

“Mio padre è libero e sta bene”, conferma Salvatore Rizzo, il figlio di Marcello. “Vogliamo ringraziare il ministro Emma Bonino, la Farnesina e l’unità di crisi – aggiunge – perché in questi giorni così difficili sono stati parte integrante della nostra famiglia, notte e giorno. Non sono stati soltanto dei grandi professionisti, ma ci hanno messo anche il cuore”

“Sono stati la nostra ancora di salvezza – rivela Rizzo – e noi eravamo sicuri che grazie a loro tutto si sarebbe risoltonel migliore dei modi, come è accaduto. La mia famiglia vuole ringraziare anche tutta la nostra comunità, dal sindaco ai carabinieri e tutti nostri concittadini. Adesso siamo felici ma provati – conclude il figlio del geometra – e chiediamo ai giornalisti di lasciarci riprendere…”.

Dal suo paese natale, la cittadina etnea di Randazzo, in  provincia di Catania, il sindaco Michele Mangione – informato  dall’ANSA della liberazione – esulta: “grandioso, è una notizia  bellissima, non lo sapevamo”

Non è la prima volta che in Nigeria vengono presi di mira cittadini italiani e altri tecnici stranieri, impiegati nel  settore petrolifero o in altre attivita’ economiche. Fra gli  ultimi episodi spiccano tragicamente quelli di Silvano Trevisan,  ingegnere veneto rapito nel febbraio da miliziani  islamico-radicali del gruppo Ansaru – protagonista anche di attacchi a chiese e stragi di cristiani – e ucciso il mese dopo  con altri sei ostaggi stranieri.

O ancora quello di Franco  Lamolinara, ingegnere piemontese anch’egli impegnato  nell’edilizia, rapito con un collega inglese e poi ucciso in un  fallimentare blitz nel marzo 2012 da unità speciali britanniche  e nigeriane. In giro per il mondo, frattanto, resta ignota la sorte di  alcuni altri italiani rapiti e scomparsi apparentemente nel  nulla. Come un altro siciliano, il cooperante Giovanni Lo Porto,  catturato quasi due anni fa con un collega tedesco nel Punjab  pachistano, probabilmente da un gruppo talebano locali. O come  padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita inghiottito nei mesi scorsi  nel gorgo della feroce guerra civile siriana.

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