Il 16 gennaio Matto Renzi illustrerà al Partito democratico e all’Italia la direzione che intende prendere tramite il suo “Jobs Act“: un pacchetto di proposte che vuole dare una spinta all’economia italiana e che si impegna a realizzare tutto in 8 mesi.

Sfida reale o grandi parole? Renzi sembra non volere scherzare e forse oggi andrà a Roma, per un incontro blindatissimo con il premier Enrico Letta. “Il Pd crede possibile che il Jobs Act sia uno strumento per aiutare il Paese a ripartire”, scrive il sindaco di Firenze nella sua bozza.

E per ripartire punta, tra le altre cose, all’assegno universale “per chi perde il posto di lavoro, anche per chi oggi non ne avrebbe diritto, con obbligo di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più di una nuova proposta di lavoro”.

L’obiettivo del leader del Pd è creare posti di lavoro “rendendo semplice il sistema, incentivando voglia di investire dei nostri imprenditori, attraendo capitali stranieri”. E per i capitali italiani invece? Chi produce lavoro paga di meno, chi si muove in ambito finanziario paga di più consentendo una riduzione del 10% dell’Irap per le aziende. Segnale di equità oltre che concreto aiuto a chi investe”.

Nella sua e-news Renzi parla anche dell’importanza della “semplificazione amministrativa sulla procedura di spesa pubblica sia per i residui ancora aperti (al Ministero dell’Ambiente circa 1 miliardo di euro sarebbe a disposizione immediatamente) sia per le strutture demaniali sul modello che vale oggi per gli interventi militari”.

Il Jobs Act promette di guardare da vicino l’industria, divisa in sette settori: cultura, turismo, Ict, made in Italy, green economy, agricoltura e cibo, nuovo welfare ed edilizio. Il segretario democratico dice di voler fare di tutto per creare nuovi posti di lavoro. Ed entro 8 mesi dovrebbe presentare “codice del lavoro che racchiuda e semplifichi tutte le regole attualmente esistenti e sia ben comprensibile anche all’estero”.

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