Trattativa Stato-mafia, Quirinale blindato | Napolitano risponde alle domande dei pm

di Redazione

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Trattativa Stato-mafia, Quirinale blindato | Napolitano risponde alle domande dei pm

| martedì 28 Ottobre 2014 - 08:04

Sono circa venti le domande che i pm di Palermo hanno posto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,  oggi al Quirinale davanti alla Corte d’assise per il processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. All’udienza Stato-mafia il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – secondo quanto reso noto da un legale – ha risposto a diverse domande delle parti, anche a quelle poste dal legale di  Totò Riina. In alcuni casi si è avvalso della facoltà di non rispondere in base alle prerogative del Capo dello Stato.

L’udienza si è svolta a porte chiuse; una quarantina i partecipanti fra corte, avvocati e cancellieri. L’ingresso è stato inibito alla stampa, non ammessa neppure per assistere in videoconferenza. Vietato anche l’ingresso di cellulari, tablet, pc e strumenti di registrazione per magistrati e e avvocati. “La parola ‘trattativa’ non è mai stata usata”, ha riferito un legale della difesa al termine dell’udienza.

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La testimonianza avviene secondo le regole prescritte dall’articolo 502 del codice di procedura penale.  “In caso di assoluta impossibilità di un testimone – recita il codice – di un perito o di un consulente tecnico a comparire per legittimo impedimento, il giudice, a richiesta di parte, può disporne l’esame nel luogo in cui si trova, dando comunicazione, a norma dell’articolo 477 comma 3, del giorno, dell’ora e del luogo dell’esame. L’esame si svolge con le forme previste dagli articoli precedenti, esclusa la presenza del pubblico. L’imputato e le altre parti private sono rappresentati dai rispettivi difensori. Il giudice, quando ne è fatta richiesta, ammette l’intervento personale dell’imputato interessato all’esame”.

Napolitano viene ascoltato, nella prima parte dell’audizione, sui dubbi espressi da Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico del Quirinale, al capo dello Stato in una lettera, nel giugno del 2012, un mese prima di morire. Altre domande riguarderanno invece l’allarme attentati del 1993.

Nel documento D’Ambrosio avanzava il timore di “essere stato considerato solo un ingenuo e inutile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi” tra il 1989 e il 1993, anni in cui l’ex consigliere era all’Alto commissariato per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia.

(Foto Twitter di Annalisa Ausilio)

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