Blitz antimafia: 6 arresti nel Palermitano FOTO | Volevano colpire il ministro Alfano VIDEO

di Redazione

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Blitz antimafia: 6 arresti nel Palermitano FOTO | Volevano colpire il ministro Alfano VIDEO

| venerdì 20 Novembre 2015 - 07:15

Operazione antimafia tra i comuni di Corleone, Chiusa Sclafani e Contessa Entellina, a segno questa mattina nel Palermitano. L’operazione, che ha portato a sei fermi, è condotta dai carabinieri del Gruppo di Monreale, con l’aiuto di unità cinofile per la ricerca di armi e di un elicottero.

Gli arrestati sono Rosario Salvatore Lo Bue, Vincenzo Pellitteri, Roberto Pellitteri, Salvatore Pellitteri (classe 1992), Salvatore Pellitteri (classe 1976), Pietro Pollichino.

LE FOTO DEGLI ARRESTATI

Secondo quanto trapela alcuni mafiosi arrestati dai carabinieri progettavano un attentato contro il ministro dell’Interno Angelino Alfano. “Dovrebbe fare la fine di Kennedy”, il presidente americano ucciso nel ’63. Alfano è ritenuto responsabile dell’inasprimento del 41bis. La circostanza emerge da un’intercettazione effettuata nell’inchiesta dell’Arma sul mandamento mafioso di Corleone.

“Parlare di un progetto di attentato nei confronti del ministro Alfano è una espressione ‘avanzata’: siamo davanti a una conversazione tra soggetti che commentano criticamente le attività svolte dal ministro con riferimento al carcere duro, che è uno dei principali motivi di doglianza dei boss verso lo Stato”. Lo ha detto il Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi.

“Mi pare improbabile immaginare che tre mafiosi del corleonese sapessero particolari sull’ omicidio del presidente Kennedy”. Aggiunge il procuratore di Palermo.

> L’INTERCETTAZIONE SHOCK DI DUE MAFIOSI

L’inchiesta, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha svelato i nuovi assetti di Cosa nostra nel mandamento dei boss Riina e Provenzano. Le attività di indagine avrebbero scongiurato un omicidio già pianificato.

Le indagini hanno permesso di individuare il capo mandamento in Rosario Lo Bue, fratello di Calogero già condannato per il favoreggiamento di Bernardo Provenzano, nonché di ricostruire l’assetto del mandamento mafioso di Corleone (uno dei più estesi) ed in particolare delle famiglie mafiose operanti sul territorio dell’Alto Belice dei Comuni di Chiusa Sclafani e Contessa Entellina.

Nel corso delle indagini è stata documentata la caratura della figura di Lo Bue, capo assolutamente carismatico e fautore di una linea d’azione prudente, continuando così nella linea di comando lasciatagli da Bernardo Provenzano. Proprio questo suo modo di condurre le attività del mandamento ha creato non poche fibrillazioni in seno alla famiglia mafiosa di Corleone. In particolare, Antonino Di Marco, tratto in arresto a settembre 2014, da sempre ritenuto vicino alle posizioni tenute dall’altro storico boss corleonese Salvatore Riina, in più occasioni aveva modo di lamentarsi del modo con il quale Rosario Lo Bue gestisse gli affari dell’organizzazione.

Le indagini hanno, dunque, ribadito che ancora oggi sussistono all’interno della consorteria criminale due anime contrapposte, l’una moderata storicamente patrocinata da Bernardo Provenzanno e l’altra più oltranzista fedele a Salvatore Riina.

Inoltre è stata nuovamente acclarata la costante e rigida applicazione di una fondamentale ed inderogabile regola di cosa nostra, ovvero quella di garantire il sostentamento economico ai familiari degli affiliati detenuti, tra cui, in particolare, il capo indiscusso dell’associazione mafiosa, Salvatore Riina. 

Dall’indagine dei carabinieri emerge anche che parte del denaro raccolto dai clan serviva a finanziare famiglie dei detenuti, tra le quali quella del padrino di Corleone Salvatore Riina. In particolare a dare i soldi al figlio minore del boss, Giuseppe Salvatore, sarebbe stato Pietro Masaracchia, già arrestato. L’inchiesta svela anche un tentativo di alcuni mafiosi di staccarsi dal mandamento di Corleone e crearne uno nuovo, perché in disaccordo con la gestione del capomafia Lo Bue. Gli inquirenti hanno accertato che per dirimere le controversie tra gli affiliati si chiedeva l’intervento della moglie di Riina, Ninetta Bagarella, ritenuta talmente “autorevole” da potersi consentire anche di rimproverare il capo mandamento.

“Ci sono tanti servitori dello Stato che rischiano come e più di me, penso che la liberazione della mia terra, la terra di Sicilia, da questi maledetti valga di più della vita di ciascuno di noi” questo il commento del ministro Alfano.

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