Cento giorni al Mondiale del Brasile | Tra sprechi e ritardi manifestazione a rischio

di Domenico Giardina

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Cento giorni al Mondiale del Brasile | Tra sprechi e ritardi manifestazione a rischio

| martedì 04 Marzo 2014 - 16:19

Cento giorni. Tanti ne mancano alla partita inaugurale dei campionati del Mondo di calcio in programma in Brasile. Ma la situazione è tutt’altro che rosea. Gli stadi sono ben lontani dall’essere pronti, il budget previsto per la costruzione o la ristrutturazione degli impianti è quasi triplicato e alcune città come Curitiba rischiano di venire estromesse dall’organizzazione a causa dei pesanti ritardi.

Non dimentichiamo nemmeno la triste vicenda degli operai deceduti durante i lavori in alcuni stadi ed ecco che abbiamo un quadro desolatamente reale della situazione. Da queste premesse si evince come forse il Brasile non fosse ancora in grado di ospitare una manifestazione di questa grandezza che, ricordiamolo, farà da preludio alle Olimpiadi che si terranno due anni dopo.

È vero, si tratta di un Paese in grande crescita economica, ma l’organizzazione di un evento come un Mondiale richiede qualcosa in più che al momento il Brasile riesce a dare con enormi difficoltà. Alcune città riusciranno a consegnare gli stadi solo a ridosso della manifestazione con gravi lacune alle infrastrutture circostanti. Un esempio in tal senso è lo stadio che ospiterà la partita inaugurale tra Brasile e Croazia.

Lo stadio di Manaus che ospiterà gli azzurri nella prima partita contro l’Inghilterra ha visto la morte di quattro persone durante i lavori e rischia di trasformarsi in una delle tante cattedrali nel deserto di questo Paese. Costi alti di gestione, squadre che militano nelle categorie inferiori, ed ecco che la grande struttura rischia di rimanere abbandonata una volta terminata la rassegna iridata.

Da Brasilia e dal quartier generale della Fifa ostentano ottimismo. Tutti negano che ci saranno dei problemi e tutti affermano che il Mondiale si farà senza problemi di sorta. La fiducia impera ma c’è da fare i conti anche con l’insofferenza della gente che è scesa in piazza già in occasione della Confederations Cup. Orari di lavoro massacranti, spese enormi per le strutture ma salari sempre da fame. Il Mondiale viene percepito come un affare per pochi eletti. La speranza è che in questi tre mesi riesca a trasformarsi in quella festa dello sport che solo un Paese come il Brasile sa creare.

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