Tra cinema, teatro e l’amore per Pirandello |Fabrizio Falco racconta i suoi prossimi progetti

di Gabriele Bonafede

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Tra cinema, teatro e l’amore per Pirandello |Fabrizio Falco racconta i suoi prossimi progetti

| giovedì 20 Marzo 2014 - 09:05

Il Teatro Biondo continua a riportare a Palermo artisti siciliani che erano partiti trovando successo altrove. Alcuni anche giovanissimi, come Fabrizio Falco. Che nasce messinese venticinque anni fa ma si è formato a Palermo. Lo ricordiamo in due recenti film d’autore che hanno riscosso grande successo di critica e pubblico: “È stato il figlio” di Daniele Ciprì, e “La bella addormentata” di Marco Bellocchio.

L’attività cinematografica di Falco, che nasce attore teatrale, gli ha già fruttato a soli venticinque anni una nomination al Nastro d’Argento (2013), come miglior attore non protagonista e il Premio Marcello Mastroianni al Festival di Venezia per il film di Ciprì e per quello di Bellocchio. Non a caso Falco è in procinto di girare il film “Maraviglioso Boccaccio” di Paolo e Vittorio Taviani.

La nuova direzione del Biondo lo ha riportato a Palermo quasi in sordina, per uno spettacolo con dodici repliche, alla Sala Strehler, dal titolo “Partitura P, uno studio su Pirandello”. Lo spettacolo si svolge con un monologo su tre novelle di Pirandello direttamente trasposte al teatro: “La morte addosso”, “Una giornata” e “Il treno ha fischiato”.

Il tuo spettacolo “Partitura P” è un’esperienza che porta direttamente la novella pirandelliana in scena “senza mediazioni”. Decisamente, ti sei trovato in sintonia con alcune delle considerazioni espresse, anche nel suo blog, dal nuovo direttore del Biondo, Roberto Alajmo. Il quale ha palesato più volte questa intenzione nei riguardi delle “letture” di Pirandello…

L’idea è di passare attraverso un Pirandello meno frequentato. Che poi è il Pirandello più interessante, quello che più si confronta con l’intimità del lettore. Anche se nel teatro c’è questo, ovviamente, ad esempio nelle opere “più europee” di Pirandello, parecchio del suo teatro si è un poco “imborghesito”, se così si può dire. Se vai a rileggere le novelle e le paragoni con il testo teatrale, quasi sempre non c’è confronto: le novelle soddisfano molto di più. A parte “La morte addosso”, le altre due novelle che ho messo in scena non hanno generato testi teatrali finora. In più è stato un poco come vivere e mettere assieme cose diverse, ma soprattutto lavorare su un territorio meno battuto: “Una giornata” e “Il treno ha fischiato” non erano mai state messe in scena, che io sappia, per lo meno in forma di monologo intrecciato e in un teatro importante come lo Stabile di Palermo.

Prima volta al Biondo. Come mai?

Ho proposto lo spettacolo. È piaciuto. Con Alajmo ci eravamo visti a Venezia in occasione della presentazione di “È stato il figlio” tratto da un suo romanzo. Lo spettacolo l’ho messo in piedi qualche tempo fa con la mia associazione e produzione. Quando ho scoperto che lui era diventato direttore artistico ho ritenuto opportuno proporlo per dare un mio contributo a quello che ritengo un rinnovamento promettente del Teatro Bondo. E lui mi ha richiamato. Ovviamente sono stato molto contento d’aver “toccato un tasto” nelle intenzioni di Alajmo e nella sua visione di rinnovamento dello Stabile, unito al rinnovamento nell’interpretare Pirandello. È vero, non era mai successo che recitassi al Biondo: è stata la prima volta. Inoltre, non ero più tornato a recitare a Palermo da quando ho cominciato l’accademia e cioè quando ero diciannovenne, e quindi da sei anni a questa parte. Nel frattempo avevo fatto due anni di tournee con Carlo Cecchi, poi tre spettacoli con Ronconi e, oltre al percorso di studio all’Accademia Silvio D’Amico, due film: uno con Bellocchio e uno con Ciprì. Queste esperienze mi hanno cambiato rispetto a quello che ero prima. Mettere in scena una cosa mia è stata una grande soddisfazione, recepita e accolta bene, c’è stato un vero incontro con il pubblico di Palermo.

Infatti, dodici repliche con la Sala Strehler sempre piena e che tributa meritati applausi. E con le luci dello spettacolo realizzate in modo particolare da un maestro della fotografia come Daniele Ciprì. Che mi dici della vostra collaborazione?

Ciprì l’ho conosciuto con il provino per “È stato il figlio”, dove io ero appunto “il figlio”. Ci siamo trovati perché lui ha trovato quello che cercava e io ho incontrato una personalità che per me è importante nel mio percorso fino adesso. Un po’ perché condivido il suo modo di essere artista: il suo approccio, lo sguardo che ha sul mondo, anche quello che è venuto fuori nel film. Questo modo di raccontare la realtà attraverso delle lenti “distorte”. L’allestimento con Ciprì è venuto fuori naturalmente: perché si è creato un bellissimo rapporto di stima e condivisione. Io l’ho coinvolto e lui mi ha aiutato. Lui ha questa cosa bella che si fa coinvolgere senza problemi.

Partitura P andrà altrove?

Cercherò di portarlo in giro, è autoprodotto. Con l’associazione e il produttore Vincenzo Maurizio Paolella, l’associazione “Fullframe”, nome che però forse cambieremo per averne uno più consono al teatro.

A Palermo sei cresciuto quale attore da giovanissimo, se non sbaglio dall’età di quattordici anni, seguito e formato da un noto e apprezzato artista: Maurizio Spicuzza. Come tanti altri giovani attori, che io sappia, è lui che ti guidato nei primi passi, e che ti ha preparato per la Silvio D’Amico.

Dici bene, non è stata solo la preparazione ma è stato un incontro fondante per diventare attore. Direi anche per volerlo diventare. Lui mi ha insegnato la disciplina nel mestiere dell’attore: la mentalità dell’attore. Lui mi ha dato questi strumenti, da quando l’ho incontrato a soli quattordici anni fino al diploma e al liceo, il liceo artistico di Palermo, e poi i provini all’accademia. In questo periodo ho partecipato a diversi laboratori ma anche diversi spettacoli. Piano, piano è stato il vero maestro. Maestro di “come si sta”, se mi permetti il modo di dire: maestro di vita, non solo per la professione.

Per questo spettacolo Spicuzza è stato d’aiuto per la gestione di tutto l’allestimento. Di fatto una specie di aiuto-regia?

Più che aiuto-regia, visto che non è intervenuto nella fase creativa, ha fatto un po’ di tutto nel sostegno generale. Gli aiuto-regia a volte vanno via durante le recite, ma in realtà Maurizio è stato sempre con me nella preparazione e nell’esecuzione di Partitura P al Biondo.

Torniamo al cinema e al film che stai per girare con i grandi fratelli Taviani. In “Maraviglioso Boccaccio”, oltre che con due registi che hanno fatto la storia del cinema italiano, sarai nuovamente con grandi attrici e attori: Lello Arena, Paola Cortellesi, Kim Rossi Stuart, Carolina Crescentini, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Michele Riondino, Vittoria Puccini, Flavio Parenti, Eugenia Costantini, Miriam Dalmazio, Jasmine Trinca, Josafat Vagni, Melissa Anna Bartolini, Camilla Diana, Nicolò Diana, Beatrice Fedi, Ilaria Giachi, Barbara Giordano, Rosabel Laurenti Sellers. Insomma, che cast, che soggetto e che regia!

Anche con i fratelli Taviani, va da se, è stato un bell’incontro. Non sono il primo a dire che comprendono subito quale tipo di attore sei. Sarò uno dei “novellatori”, essendo il film tratto dal Decamerone di Boccaccio, e che scappano dalla peste di Firenze rifugiandosi in una villa. Aldilà di essere la cornice del film, anche i novellatori hanno le loro situazioni. Sarà girato tra Toscana e Lazio. Loro cominceranno a girare credo a fine marzo, e fanno in Toscana alcune parti e poi si prolunga per quattro settimane. Li raggiungerò presto. Non vedo l’ora.

Se parliamo di Decamerone, dopo il confronto con Pirandello a teatro ti confronti con Pasolini nel cinema, e per giunta diretto dai fratelli Taviani…

È la prima cosa è che viene in mente. E ti assicuro che da subito ti senti in un progetto eccezionale.

 

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