Sequestrate 300mila monete “made in China” | Blitz contro una banda di falsari, 12 fermi /VD

di Redazione

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Sequestrate 300mila monete “made in China” | Blitz contro una banda di falsari, 12 fermi /VD

| venerdì 12 Dicembre 2014 - 07:51

Un’organizzazione che importava monete false da uno e due euro dalla Cina in Italia è stata sgominata dai carabinieri di Palermo in collaborazione con il comando antifalsificazione monetaria di Roma. Gli indagati erno pronto a immettere le monete sul mercato nei giorni dello shopping natalizio con oltre 300.000 pezzi, per un valore totale di oltre mezzo milione di euro.

Dodici persone sono state fermate e accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione, introduzione nello Stato e spendita di monete falsificate.

L’operazione, che i carabinieri hanno chiamato “Shanghai money” si è articolata tra Palermo, Napoli, Salerno e Cosenza dove operava il gruppo criminale che si occupava dell’approvvigionamento e della distribuzione di monete contraffatte ‘made in China’. I falsari erano molto abili: secondo gli investigatori erano di altissima qualità le monete che arrivavano in Italia dalla Repubblica popolare cinese.

Nell’ambito dell’indagine è stato eseguito il più importante recupero di monete false dall’introduzione dell’euro, con il sequestro di un container con 306.000 monete da uno e due euro, per un importo pari a 556.000 euro.  Le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal pm Geri Ferrara.

L’organizzazione era ben articolata livello internazionale. Il ruolo di “leader”, secondo quanto emerso dalle indagini, era ricoperto da Yong Zhuangxiao, che operava in Cina e mantenava i contatti con la zecca clandestina, verisimilmente situata in Cina. Per il trasporto in Italia, il boss si avvaleva di diversi soggetti, tra i quali i cinesi Huang Zhongming, Ren Yuping, Huang Yunrui, Huang Hanxia, e gli italiani Dino Stancato, Antonietta Merola, Vincenzo Verdoliva, tutti residenti in Campania. Dell’associazione facevano parte anche diverse altre persone che si sarebbero poi occupate dello smercio della valuta falsa sulla piazza di Palermo: gli extracomunitari Abdulai Seidu e Idehen Oduwa Sarah, e i palermitani Gaetano Di Maria, Giovan battista Filippone, che secondo l’accusa hanno offerto “un contributo determinante” e conseguito profitti illeciti dalla cessione della “valuta falsa ad un prezzo di costo man mano crescente lungo la filiera distributiva”.

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