Mafia, sequestro da 15 milioni ad un imprenditore | Fu prestanome di Ciancimino VIDEO

di Redazione

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Mafia, sequestro da 15 milioni ad un imprenditore | Fu prestanome di Ciancimino VIDEO

| venerdì 24 Giugno 2016 - 08:24

Ammonta a oltre quindici milioni di euro il valore dei beni sequestrati dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo al noto imprenditore Francesco Paolo Alamia. I sigilli sono stati posti a oltre 100 immobili e terreni, 3 imprese, 21 rapporti finanziari, con disponibilità liquide pari a circa 900 mila euro, e 5 autovetture.

Il noto costruttore e immobiliarista di 82 anni, originario di Villabate, è stato ritenuto socialmente pericoloso alla luce del particolare ruolo svolto in passato di imprenditore agli ordini della criminalità, pur non essendo stato mai condannato per associazione di stampo mafioso.

Alamia, spiegano gli inquirenti “era considerato negli anni ’70 ed ’80, socio e prestanome di Vito Ciancimino nonché vicino ad uno dei più spietati killer di Cosa nostra, Pino Greco di Ciaculli, detto ‘Scarpuzzedda’. In quegli anni, è stato azionista di controllo e rappresentante legale della storica ‘Inim- Internazionale Immobiliare S.p.A.’, costituita a Palermo nel 1976 e poi trasferita a Milano, allora considerata ”il terzo gruppo italiano in campo immobiliare”.

“Questa società si è occupata dell’acquisto di grandi aziende fallite (e dei relativi pregiati terreni, resi edificabili) in Lombardia, Piemonte e Lazio”.  Nei primi anni ’80, Alamia è stato indicato dagli indagati e coimputati Filippo Alberto Rapisarda, Rocco Remo Morgano, Gioacchino Pennino e Tullio Cannella “come soggetto che, pur non essendo formalmente affiliato a Cosa Nostra, era uno degli imprenditori di riferimento dei mafiosi Provenzano, Riina e Cancimino“.

A seguito delle dichiarazioni rese negli anni ’90 da Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo, Alamia è stato indagato per il reato di associazione mafiosa, nell’ambito di un procedimento in cui è stato rinviato a giudizio, e successivamente condannato, Marcello Dell’Utri.

“In questo ambito, le indagini hanno dimostrato come egli abbia finanziato un’iniziativa di Rapisarda e che tale operazione è stata condotta con la mediazione di Dell’Utri – spiega il Gico – In anni più recenti rilevano, nei confronti di Francesco Paolo Alamia, le dichiarazioni rese, nuovamente, da Massimo Ciancimino e da Francesco Campanella raccolte nell’ambito delle indagini relative alla scomparsa dell’imprenditore Antonio Maiorana e di suo figlio, avvenuta nell’agosto del 2007″. Pare che Maiorana “fosse interessato alle iniziative edilizie portate avanti da Alamia con l’appoggio di Ciancimino”.

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