Rieletto sindaco, la Dia gli sequestra la casa

di Redazione

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Rieletto sindaco, la Dia gli sequestra la casa

| martedì 27 Maggio 2014 - 10:20

La casa del sindaco di San Gregorio Ippona, Michele Pannia, riconfermato nelle elezioni di ieri alla guida del comune del vibonese, è stata sequestrata dalla Dia di Roma in collaborazione con quella di Catanzaro insieme ad altri beni riconducibili, secondo l’accusa, alla cosca Fiarè-Razionale.

La cosca, al cui vertice ci sarebbe Saverio Razionale, ha reinvestito su Roma, in società ed attività commerciali, tra cui il noto bar Caffè Fiume, a pochi passi da Via Veneto, gran parte dei guadagni provento delle attività illecite nel territorio d’origine. Dopo i sequestri del marzo scorzo, la Dia, in esecuzione di un provvedimento del Tribunale di Vibo Valentia, hanno effettuato un nuovo sequestro che ha riguardato anche la società Caffè Fiume proprietaria dell’omonimo bar.

Le indagini successive ai precedenti sequestri operati tra Roma e la Calabria hanno consentito di ricostruire tutti i passaggi relativi all’acquisizione da parte della cosca del bar e di individuare le società create ad hoc per sviare gli accertamenti patrimoniali. Sotto sequestro è finito anche un altro bar-ricevitoria ed un appartamento, dimora della famiglia Razionale, situati nel vibonese.

L’appartamento, in particolare, secondo le indagini della Dia era fittiziamente intestato alla famiglia ed al sindaco uscente di San Gregorio d’Ippona, che avevano venduto negli anni ’80 l’immobile al capo della cosca Fiarè-Razionale senza mai effettuare il dovuto passaggio di proprietà.

La posizione dell’ex Sindaco e dei suoi familiari è adesso è al vaglio degli inquirenti perché avrebbero favorito, in questi anni, l’aggiramento della normativa antimafia da parte di Razionale. Sequestrata anche una grossa società edile con sede a Roma, la “Lico santo”, la cui gestione è stata affidata ad un amministratore giudiziario. La Dia ha accertato intensi rapporti di affari tra la società e la Edil Service e la Roma Service già sequestrate perché riconducibili alla cosca. La Lico Santo avrebbe impiegato operai non in regola forniti dalle società di Razionale risparmiando sui costi del personale.

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