Niente più pensione d’oro per Totò Cuffaro | Non per mafia, ma per un reato minore

di Redazione

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Niente più pensione d’oro per Totò Cuffaro | Non per mafia, ma per un reato minore

| domenica 01 Giugno 2014 - 13:08

L’ex presidente della Regione Siciliana Totò Cuffaro, detenuto in carcere a Rebibbia, perderà il ‘vitalizio d’oro’ dell’Ars.

A darne notizia è oggi il quotidiano ‘La Repubblica’.

Dopo le polemiche degli ultimi giorni sulle pensioni ai condannati per mafia, l’amministrazione dell’ Ars ha trovato l’escamotage: visto che, per legge, non si può togliere la pensione a Cuffaro, in quanto condannato per mafia, il beneficio viene sospeso perché l’ ex esponente dell’ Udc sta scontando la sua pena – sette anni – anche per un reato minore, la rivelazione di segreto d’ ufficio. Un paradosso, certo. Ma figlio di una normativa da più parti dichiarata lacunosa. La misura della sospensione del vitalizio, nelle Regioni, vale solo per chi deve rispondere di reati contro la pubblica amministrazioni. Chi ha commesso delitti più gravi viene salvato.

Cuffaro dall’ agosto 2011 percepisce dal parlamento siciliano un vitalizio da circa 6 mila euro (lordi) al mese. Beneficio possibile perché il decreto Monti, recentemente recepito dall’ Ars, non esclude i condannati per mafia. La pubblicazione della notizia, da parte di Repubblica, ha subito scatenato una bufera, nel parlamento siciliano e alla Camera.

Nell’aula dell’ Assemblea siciliana, giovedì, è stato messo ai voti un emendamento dei grillini che prevedeva proprio la sospensione del vitalizio per i responsabili di reati mafiosi: ma la norma è stata bocciata con 33 voti contrari su 58. M5S ha subito esposto alla gogna del web i nomi di chi, «forse per vecchi debiti di riconoscenza», aveva salvato la pensione di Cuffaro.

E venerdì i 5 stelle sono tornati all’attacco a Montecitorio, con un’ interpellanza presentata dall’ ex capogruppo Riccardo Nuti per sapere se ci sono anche alla Camera condannati per mafia titolari di un vitalizio e se il governo intende fare qualcosa per modificare la legge e punire non solo gli ex consiglieri regionali ma anche gli ex parlamentari.

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