Inchiesta Mose, 35 arresti: in manette Orsoni | Nella tangentopoli veneta coinvolto Galan

di Redazione

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Inchiesta Mose, 35 arresti: in manette Orsoni | Nella tangentopoli veneta coinvolto Galan

| mercoledì 04 Giugno 2014 - 08:26

L’inchiesta sulle presunte tangenti pagate per gli appalti Mose, il sistema di dighe mobili per la salvaguardia di Venezia, ha portato a trentacinque arresti e un centinaio di indagati. Tra gli altri, in manette per questa tangentopoli veneta sono finiti il sindaco della città Giorgio Orsoni e l’assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso. Ma soprattutto nell’inchiesta è coinvolto il senatore forzista Giancarlo Galan.

Recapitata al Senato la richiesta di arresto per l’ex governatore del Veneto ed ex ministro all’Agricoltura e ai Bene Culturali, il padovano di Forza Italia Galan: sarà l’apposita Commissione di Palazzo Madama a dare il consenso all’arresto.

Ma i nomi eccellenti continuano: arrestati anche il consigliere regionale Pd Giampietro Marchese, il presidente del Coveco, cooperativa impegnata nel progetto Mose, Franco Morbiolo, il generale in pensione Emilio Spaziante, l’amministratore della Palladio Finanziaria spa, Roberto Meneguzzo.

Le accuse vanno dalla corruzione alla concussione al riciclaggio. L’indagine era partita tre anni fa: l’anno scorso era stato arresto Piergiorgio Baita, importante dirigente della Mantovani, la società padovana delle costruzioni. Poi in manette era finito Giovanni Mazzacurati, l’ingegnere a capo del Mose.

Il sindaco di Venezia è stato posto agli arresti domiciliari. I suoi avvocati sono sicuri di un “tempestivo chiarimento della posizione dello stesso sul piano umano, professionale e istituzionale”.

Nell’operazione della Guardia di Finanza sono stati sequestrati beni per un valore di circa 40 milioni di euro. “Mi riprometto, di difendermi a tutto campo nelle sedi opportune con la serenità ed il convincimento che la mia posizione sarà interamente chiarita. Chiederò di essere ascoltato il prima possibile con la certezza di poter fornire prove inoppugnabili della mia estraneità”. Lo afferma Giancarlo Galan in merito all’inchiesta sul Mose.

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