Messina, la Dia sequestra beni per 20 milioni

di Redazione

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Messina, la Dia sequestra beni per 20 milioni

| martedì 17 Giugno 2014 - 08:28

La Direzione Investigativa Antimafia di Messina, in esecuzione del provvedimento emesso dal Tribunale di Messina, previa richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, ha sottoposto a confisca beni immobili, quote societarie e rapporti finanziari, per un valore di mercato stimato in circa 20 milioni di euro, riferibili a Giovanni Rao e Giuseppe Isgrò, due dei principali esponenti di vertice della famiglia mafiosa dei “barcellonesi”, in atto detenuti e già condannati per mafia ed estorsioni.

Tra i beni sequestrati, quattro imprese leader nel messinese operanti nel settore della produzione e commercializzazione di calcestruzzo e conglomerati cementizi.

Giovanni Rao, 50 anni, già in passato sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale e coinvolto nel procedimento denominato “Mare Nostrum”, in tempi recenti è stato tratto in arresto nell’ambito delle operazioni “Gotha”, “Gotha 2” e “Ghota 3”, in quanto ritenuto affiliato, in una posizione di assoluto vertice, alla famiglia mafiosa barcellonese.

Il collaboratore di giustizia, Carmelo Bisognano lo ha indicato come il delfino del noto boss Giuseppe Gullotti, di cui ha preso il posto alla fine degli anni ’90, dopo l’arresto di quest’ultimo, così da avere al suo comando l’intera organizzazione mafiosa e poterne decidere gli indirizzi e le sorti degli affiliati.

Giuseppe Isgrò, 47 anni, è stato anch’egli tratto in arresto, in tempi recenti, nel corso delle operazioni “Ghota” e “Ghota 3” in quanto ritenuto affiliato, in una posizione di vertice, alla famiglia mafiosa barcellonese.

Descritto dai collaboratori di giustizia come organico alla cosca barcellonese e principale collaboratore del boss Giovanni Rao, Isgrò emerge come colui che, disponendo di una significativa esperienza nell’amministrazione di società operanti nel settore dell’edilizia e della produzione di calcestruzzo, si è trasformato nella longa manus di Rao e degli altri sodali nella gestione delle aziende di riferimento. Per le sue attitudini negli affari contabili, messe a disposizione del sodalizio mafioso, egli è conosciuto come “il ragioniere”.

Gli accertamenti investigativi, che hanno consentito l’emissione del suddetto provvedimento di confisca dei beni, hanno posto l’accento sugli importanti interessi imprenditoriali del sodalizio mafioso barcellonese nel settore della produzione di calcestruzzo, ambito in cui hanno operato società riconducibili agli arrestati.

È stato accertato come la “C.E.P.”, la “I.C.E.M.”, la “AGECOP” e la “C.P.P.”, tutte operanti nel campo della produzione di calcestruzzo ed edile in genere, siano società costituite, acquisite o, comunque, gestite dai nominati sfruttando capitali illeciti e grazie alle quali la famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto si è imposta nel tessuto economico locale, a scapito dei concorrenti, accaparrandosi commesse di rilievo anche con modalità estorsive.

In tal senso, si sottolineano, a titolo di esempio, le ingenti quantità di calcestruzzo destinate, tra il 2005 e il 2007, dalla “AGECOP”, per il raddoppio ferroviario Messina – Palermo.

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