Fallite le trattative Eni-sindacati, alta tensione a Gela: chiesto un incontro urgente a Crocetta

di Redazione

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Fallite le trattative Eni-sindacati, alta tensione a Gela: chiesto un incontro urgente a Crocetta

| mercoledì 09 Luglio 2014 - 13:25

Cresce la tensione per la vertenza sindacale al petrolchimico di Gela dopo il rifiuto dell’Eni di riavviare almeno una delle tre linee produttive della raffineria e la conferma della revoca dei 700 milioni di investimenti, che, di fatto, annulla il programma di riqualificazione produttiva concordato un anno fa dalle parti. Stamani, gruppi di lavoratori si sono spostati ai cancelli della consociata dell’Eni, “Green Stream”, con l’obiettivo di bloccare il gas che proviene dalla Libia attraverso il metanodotto sottomarino, fermando l’attività nel terminale di arrivo e di rilancio del metano, destinato alla rete nazionale. Ma già da ieri sera, dopo la rottura delle trattativa, le maestranze gelesi non lasciano transitare più nessuno, nemmeno i turnisti che avrebbero dovuto dare il cambio ai colleghi che hanno lavorato durante la notte. L’orientamento generale è quello di lasciare il posto di lavoro dopo 16 ore di attività, così come prevedono sia il contratto che le leggi in materia. A rischio la sicurezza in fabbrica, dove, anche se gli impianti produttivi sono fermi, sono attivi quelli che producono utilities indispensabili ai delicatissimi sistemi di controllo di apparecchiature, serbatoi macchine. Fra qualche giorno si potrebbero fermare le pompe di estrazione del petrolio dei giacimenti di Gela perché, in conseguenza del blocco del porto e delle spedizioni, i serbatoi di raccolta dei “centri oli” sono ormai quasi pieni. I sindacati provinciali Cgil, Cisl e Uil decideranno la data dello sciopero generale con cui chiameranno la popolazione a una manifestazione territoriale a sostegno della vertenza Gela.

“Sulle raffinerie, Crocetta deve adesso passare dal dibattito con i lavoratori all’azione istituzionale, inchiodando l’Eni alle sue responsabilità sugli investimenti su cui ci sono già accordi sottoscritti, che non possono essere cancellati con un colpo di spugna in cambio di vaghe promesse, e sul risanamento ambientale”. Lo dice Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia, a proposito della vertenza sul nuovo progetto industriale dell’Eni, che mette in discussione, oltre ad altri stabilimenti italiani, la raffineria di Gela e il petrolchimico di Priolo e su cui ieri si è registrata la rottura delle trattative con i sindacati nazionali di categoria. “In un momento in cui a rischio potrebbero essere migliaia di posti di lavoro e interi siti industriali – sottolinea Pagliaro – la Regione deve fare fino in fondo la propria parte, trovando tutte le strade possibili per inchiodare l’Eni alle proprie responsabilità”.

“La Regione siciliana chiederà un risarcimento miliardario se l’Eni confermerà nel piano industriale l’intenzione di abbandonare la Sicilia, chiudendo gli stabilimenti di Gela o Priolo – annuncia all’Ansa, il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, al termine della riunione al Mise. – La Sicilia non può essere trattata come un limone, da un lato contribuisce col 70% alla produzione di petrolio estratto in Italia mentre si continuano a chiedere nuove autorizzazioni per i pozzi e dall’altro si pretende che poi la raffinazione venga fatta al Nord Italia: questa è una scelta inqualificabile”. Per il governatore “la chiusura a Gela danneggerebbe non solo l’occupazione ma anche la Regione per i mancati introiti legati alle attività produttive”.

L’Ugl rincara la dose: “La strategia presentata da Eni rischia di mettere in ginocchio il settore della raffinazione. È necessario l’intervento del Governo perché senza un cambio di rotta si rischia di barattare un discutibile recupero di efficienza con la deindustrializzazione del Paese e gravi ricadute occupazionali”. Dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Chimici, Luigi Ulgiati, che ieri ha partecipato all’incontro con i vertici dell’Eni. “Eni ha denunciato gravi perdite nel settore chimico e della raffinazione a causa delle difficoltà del mercato e del calo dei consumi. In più – spiega il sindacalista – c’è un surplus europeo di raffinato e i margini di guadagno si sono notevolmente ridotti. L’azienda ha inoltre modificato il modello organizzativo delle Divisioni cercando di rendere più snella l’organizzazione. Tutto questo – aggiunge – avrà delle ricadute gravissime sugli impianti di raffinazione in Italia che ora rischiano di scomparire. In particolare per il territorio siciliano, che raffina oltre la metà del petrolio in Italia, le conseguenze saranno ancora più tragiche. Non dimentichiamo infatti che a Gela Eni ha già comunicato che gli impianti non saranno riattivati, perché ritiene che produrrebbe in perdita, venendo meno agli impegni presi con l’accordo siglato nel 2013 e alla promessa di investire 700 milioni di euro per la Raffineria. Anche su Porto Marghera, l’azienda ha denunciato che il mancato rilascio dell’Aia non permette di riavviare le produzioni. Non resteremo a guardare”, conclude.

E in una nota congiunta Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil siciliane chiedono al presidente della Regione un incontro urgente per discutere delle iniziative che vanno intraprese per “fare rientrare un piano industriale penalizzante per gli stabilimenti siciliani da parte di un ente che invece di rispettare gli accordi già siglati si sta orientando a investire fuori dall’Italia”. “La situazione – dicono Giuseppe D’Aquila (Filctem), Franco Parisi (Femca) e Antonio Ferro (Uiltec) – è esplosiva, non si può più perdere tempo”. Mentre sollecitano l’intervento delle istituzioni regionali, in sede locale i sindacati affilano le armi della protesta. “La risposta all’ambiguità di Eni – affermano – sarà durissima non possiamo rischiare la desertificazione industriale. Per questo chiediamo un incontro al Presidente Crocetta: tutta la Sicilia deve inchiodare alle sue responsabilità Eni che non può pensare di fare business e speculazioni finanziarie a spese dei nostri territori”.

I sindacati ricordano che “l’Eni nell’incontro di ieri a Roma ha proposto un percorso vago che parte dallo stop agli investimenti programmati, per quanto riguarda la Sicilia sulla raffinazione a Gela e sulla chimica a Priolo. Questo – sottolineano – è inaccettabile, l’Eni deve gettare la maschera e comunque assumersi la responsabilità di scelte che sono state fatte nel recente passato e che sono anche il frutto delle lotte e degli accordi raggiunti con i sindacati che non hanno fatto venire meno il proprio contributo”. I tre segretari affermano che “non può essere consentito all’Eni di scappare dalla Sicilia: chimica e raffinazione sono tutt’oggi una risorsa, nell’isola possono essere costruiti poli di eccellenza, bisogna realizzare gli investimenti, ad essi non intendiamo rinunciare”.

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