“Infiltrazioni mafiose nella metanizzazione” | Italgas in amministrazione giudiziaria per 6 mesi

di Redazione

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“Infiltrazioni mafiose nella metanizzazione” | Italgas in amministrazione giudiziaria per 6 mesi

| sabato 12 Luglio 2014 - 15:23

Le mani della mafia erano sulla metanizzazione. Ad asserirlo è il Tribunale di Palermo che ha commissariato la società Italgas, con sede legale a Torino. La notifica è arrivata alla società di distribuzione del gas del gruppo Snam con la misura preventiva di amministrazione giudiziaria in base alle leggi antimafia relative “a rapporti contrattuali con alcuni fornitori”.

“Il provvedimento prevede che le facoltà di amministrazione dei beni di Italgas vengano conferite all’organo amministrativo collegiale designato dal Tribunale”. Snam assicura “la massima collaborazione con l’autorità giudiziaria”. All’organo designato dal Tribunale “sono stati attribuiti i pieni poteri per lo svolgimento di tutte le attività economiche e imprenditoriali per una durata di sei mesi, ai fini degli accertamenti e compiti affidati”.

Il decreto si collega all’esecuzione di analoghi provvedimenti, emanati a maggio scorso dalla sezione misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo su richiesta della Dda, con cui è stata disposta la sospensione dell’amministrazione della Gas Natural Distribuzione Italia Spa con sede ad Acquaviva delle Fonti (Ba), della Gas Natural Vendita Italia Spa e della Gas Natural Italia Spa, entrambe con sede a San Donato Milanese (Mi), operanti nel settore della vendita e distribuzione del gas metano sul territorio nazionale, nonché della Crm di Curatola Alfredo Snc, società di manutenzione con sede in Crotone.

Nell’ambito della stessa indagine la Guardia di Finanza di Palermo, sotto il coordinamento della direzione distrettuale antimafia, aveva eseguito – circa un anno fa – il sequestro di un patrimonio di oltre 50 milioni di euro, nei confronti di un gruppo imprenditoriale di Palermo, che ha curato, fra gli anni ’80 e ’90, la metanizzazione di diverse aree del territorio siciliano. Il gruppo secondo l’accusa aveva ottenuto 72 concessioni per la metanizzazione della Sicilia e dell’Abruzzo grazie anche ad appoggi politici forniti dall’ex sindaco di Palermo condannato per mafia, Vito Ciancimino. Nel mirino degli investigatori, ricordano le fiamme gialle, le imprese, ritenute vicine alla criminalità organizzata che in sub appalto eseguivano i lavori di realizzazione della rete del gas.

“Il commissariamento di Italgas conferma quanto sia ancora forte e diffusa la capacità di condizionamento di Cosa Nostra e quanto sia urgente adeguare la normativa sugli appalti pubblici per evitare forme sempre più sofisticate di inquinamento dell’economia legale”, è stato il commento della presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi.

“Grazie alla Gdf – prosegue Bindi – il Tribunale di Palermo ha ricostruito una consolidata e spregiudicata presenza di società riconducibili a soggetti storicamente vicini a Cosa Nostra nelle opere di metanizzazione in Sicilia e in altre regioni italiane”, poi ha spiegato: “Il provvedimento di amministrazione giudiziaria consentirà di verificare l’adeguatezza degli strumenti di controllo e le eventuali responsabilità dei diversi livelli dirigenziali. Ad oggi emerge un quadro allarmante di agevolazione degli interessi illeciti che andrà approfondito per bonificare l’azienda e metterla nelle condizioni di operare senza correre più rischi”.

“Il Governo – prosegue Bindi – ha annunciato un pacchetto di norme tese a rafforzare le misure di contrasto delle infiltrazioni criminali nell’economia del Paese e in attesa di queste proposte il Senato ha sospeso l’esame del ddl anticorruzione. È ora di passare dalle parole ai fatti, le proposte ci sono a cominciare da quelle contenute nella prima relazione della Commissione parlamentare Antimafia. Ma la Commissione aprirà un’inchiesta anche sulla vicenda Italgas, prima grande azienda pubblica alla quale si applicano misure di prevenzione patrimoniale previste dal codice antimafia e che opera in un settore strategico per il Paese. Vogliamo contribuire anche noi – conclude Bindi – a fare chiarezza e individuare gli strumenti legislativi più idonei per agire in modo efficace nella zona opaca in cui si incrociano economia legale ed economia illegale”.

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