Inferno a Gaza, l’Onu: “Intervenire per evitare la guerra”

di Redazione

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Inferno a Gaza, l’Onu: “Intervenire per evitare la guerra”

| martedì 15 Maggio 2018 - 10:01

La tensione in Medio Oriente è ancora molto alta. In occasione dell’inaugurazione dell’ambasciata americana a Gerusalemme, a 70 anni dalla nascita dello stato di Israele, scontri tra manifestanti palestinesi e l’esercito israeliano, sia a Gaza che in Cisgiordania, hanno portato alla morte di 59 persone, mentre oltre 2800 sono rimaste ferite. Gran Bretagna e Germania hanno quindi chiesto l’apertura di un’inchiesta indipendente sulle violenze di Israele.

“Israele deve calibrare l’uso della forza, deve proteggere i suoi confini ma farlo in modo proporzionato. Mentre Hamas non deve usare le proteste per mettere bombe e compiere atti provocatori“, ha detto Nikolay Mladenov, coordinatore speciale dell’Onu per il processo di pace in Medio Oriente, durante la riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza sulla situazione a Gaza. “La comunità internazionale deve intervenire e prevenire una guerra. La situazione è disperata”. 

Gli scontri al confine

Secondo fonti locali, alcuni gruppi di manifestanti palestinesi hanno lasciato la zona di confine con Israele e sono rientrati a Gaza a bordo di autobus messi a disposizione da Hamas. Dalle stesse fonti, sembra che i dirigenti di Hamas parleranno alla popolazione in serata.

Il numero dei manifestanti palestinesi uccisi è salito a 60, mentre i feriti ammonterebbero a più di 2800. Lo riferisce il ministero della Sanità della Striscia di Gaza. Durante i violenti scontri  nella zona di confine tra Gaza e lo stato ebraico tra i manifestanti e l’esercito israeliano, sembra sia morta anche una neonata a casa delle inalazioni dei gas lacrimogeni con i quali l’esercito ha cercato di fermare i manifestanti.

Il presidente palestinese Abu Mazen, citato dalla Wafa, ha parlato di schiaffo da parte degli Usa. “A Gerusalemme non è stata aperta un’ambasciata – ha detto – ma un avamposto americano“. E ha poi aggiunto che “l’America non è più un mediatore in Medio Oriente”, annunciando lo “sciopero generale dei Territori Palestinesi” e tre giorni di lutto per gli uccisi a Gaza.

Continueremo ad agire fermamente – ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyhau – per proteggere la nostra sovranità e i nostri cittadini”.”Ogni paese deve proteggere i suoi confini – ha proseguito -. Hamas, organizzazione terroristica, sostiene che intende distruggere Israele e invia migliaia di persone a violare la barriera difensiva per realizzare questo obiettivo”.

Anche la Turchia è sconvolta dagli ultimi fatti avvenuti a Gaza e ha richiamato per consultazioni i suoi ambasciatori in Usa e Israele. Ankara, inoltre, ha decretato 3 giorni di lutto nazionale. “Israele è uno Stato terrorista“, ha detto il presidente turco Erdogan, che “sta compiendo un genocidio”. 

Ankara ha successivamente chiesto all’ambasciatore israeliano in Turchia, Eitan Naeh, di lasciare il Paese dopo averlo convocato al ministero degli Affari esteri. La replica di Israele non si è fatta attendere: il console turco a Gerusalemme è stato convocato al ministero degli Esteri israeliano e gli è stato chiesto “di ritornare in patria per un lasso di tempo per consultazioni”. Lo ha annunciato il portavoce del ministero a Gerusalemme Emmanuel Nahshon.

L’apertura dell’ambasciata Usa a Gerusalemme

A Gerusalemme, nel primo pomeriggio, è stata inaugurata l’ambasciata americana con una cerimonia d’apertura alla quale erano presenti il premier Benyamin Netanyahu – che è stato accolto con un applauso -,  Ivanka Trump, Jared Kushner, l’ambasciatore Usa David Friedman e il vice segretario di Stato Usa John Sullivan insieme al segretario al Tesoro David Mnuchin. Presente anche il presidente di Israele Reuven Rivlin. Durante la cerimonia è stato suonato l’inno nazionale americano.

Il presidente Usa, Donald Trump, non era presente alla cerimonia ma ha inviato un video messaggio. “La capitale di Israele è Gerusalemme – ha detto -. Israele, come ogni stato sovrano, ha il diritto di determinare la sua capitale”. Ha poi lanciato un augurio di pace. “La nostra speranza – ha aggiunto – è per la pace e gli Stati Uniti restano impegnati per un accordo di pace”. In un tweet successivo, Trump ha scritto: “Un grande giorno per Israele. Congratulazioni!”. L’ambasciatore americano Friedman – primo del suo paese nella nuova collocazione – ha ringraziato tutti i presenti prima di congedare gli ospiti.

Il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, ha espresso la sua vicinanza agli Stati Uniti. “Non abbiamo migliori amici al mondo che gli Usa – ha detto durante la cerimonia di apertura dell’ambasciata americana – Grazie per aver avuto il coraggio di mantenere la promessa”. Poi, tra gli applausi ha aggiunto: “Ricordate questo momento, questa è storia. Il Paese più potente del mondo oggi ha aperto a Gerusalemme la sua ambasciata. Eravamo a Gerusalemme e  siamo qui per restarci”.

I palestinesi non sono altrettanto entusiasti dell’evento. Scontri e violenze colpiscono, infatti, anche la Cisgiordania. Hamas ha distribuito a Gaza alcuni volantini con le mappe dei villaggi israeliani per riuscire ad aprire varchi nei recinti e far passare i dimostranti nel territorio ebraico. Israele parla di “operazione terroristica” e prevedendo le proteste aveva inviato il suo esercito come supporto, esercito che è ha risposto con il fuoco al lancio di pietre, molotov e al tentativo di sfondare la barriera difensiva.

Se Donald Trump, su Twitter, ha parlato di “un grande giorno per Israele”, il capo di al Qaeda, Ayman al Zawahiri, in un messaggio video dal titolo “Anche Tel Aviv è terra di musulmani”, invita i musulmani ad imbracciare le armi e il jihad ad intervenire contro gli Stati Uniti.

In un comunicato del Ministero degli Esteri, l’Egitto “ha espresso la propria forte condanna degli attacchi compiuti dalle forze di occupazione israeliane contro civili palestinesi disarmati causando finora 37 martiri e più di 1.600 feriti”. Il Cairo inoltre esprime il proprio “rifiuto categorico dell’uso della forza contro manifestanti pacifici alla ricerca di diritti giusti e legittimi e mette in guardia dalle ripercussioni negative di questa pericolosa escalation”. Nel comunicato, infine, si esprime “l’appoggio totale dell’Egitto ai diritti legittimi del popolo palestinese, in cima ai quali c’è la creazione di uno Stato indipendente con Gerusalemme est come capitale”.

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