Omicidio Jacona, trovati 250 mila euro in casa della farmacista | Potrebbero essere stati l’obiettivo dell’assassino

di Redazione

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Omicidio Jacona, trovati 250 mila euro in casa della farmacista | Potrebbero essere stati l’obiettivo dell’assassino

| venerdì 22 Novembre 2013 - 16:36

In casa della farmacista Giuseppina Jacona, assassinata giovedì, c’erano 250 mila euro nascosti in due scatole di scarpe sopra un armadio. Erano forse questi soldi l’obiettivo di Angelo Porcello e Gandolfo Giampapa, arrestati dopo il delitto.

I due erano anche riusciti a salire al primo piano della palazzina dove la vittima viveva, prima di fuggire, ma non hanno trovato le banconote. I carabinieri hanno scoperto nella camera da letto anche una corda sporca di sangue che sarebbe servita per legare la donna.

Nell’abitazione di Porcello poi sono stati rinvenuti 14.760 euro in un altro nascondiglio nel bagno. I soldi sono stati sequestrati. L’uomo ha accusato un malore e per 12 ore è stato tenuto in osservazione all’ospedale di Petralia Sottana. La crisi d’ansia è stata poi superata e i medici lo hanno dimesso. Nel pomeriggio è stato trasferito dall’ospedale al carcere di Termini Imerese.

La donna, che in paese è sempre stata stimata da tutti per la sua disponibilità, avrebbe consegnato in passato del denaro ad Angelo Porcello, addirittura in più di un’occasione. A ricordarlo è stato il sindaco Calogero Brucato che aveva inserito Porcello in un progetto di reinserimento di soggetti “a rischio” e lo aveva impiegato in lavori di servizio civico. Da questa occupazione l’uomo riusciva a ricavare un reddito di 450 euro al mese ma, ricorda il primo cittadino, era sempre alla ricerca di altro denaro.

In precedenza Porcello, tornato in paese dopo una lunga detenzione per vari episodi criminali, era stato assunto, su interessamento del sindaco, in una struttura ricettiva di Petralia Soprana. Ma era stato sospettato di compiere piccoli furti e per questo era stato licenziato. Tre mesi fa era stato di nuovo arrestato. Durante una perquisizione i carabinieri avevano trovato nella sua abitazione 13 cartucce calibro 12 e un cellulare rubato. Infastidito dal controllo, si era scagliato contro un militare che stava per scoprire le munizioni. Da qui anche l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Nel giudizio per direttissima era stato condannato a un anno e 8 mesi, pena che stava scontando agli arresti domiciliari.

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