Quanto è sottile il confine tra bene e male?

di Roberta Zarcone

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Quanto è sottile il confine tra bene e male?

| giovedì 06 Febbraio 2014 - 16:48

Quanto è sottile il confine tra bene e male? Quante cose in comune hanno queste due entità da sempre contrapposte?

L’onore, il rispetto, la difesa coraggiosa e cieca di ciò che ami e che senti tuo: di tutto questo è fatto il bene, della stessa pasta è fatto il male, quando il male è siciliano, è mafioso e da tutti conosciuto come Cosa nostra.

Di questo parallelismo e di questa simile natura vive il romanzo di I.M.D, “Il vurricatore” (Edizioni LEIMA). La storia di Lillino Palazzolo, un ragazzo di buona famiglia, cresciuto in un piccolo centro della provincia Palermitana, che in un istante decide di affiliarsi al boss di zona, di diventare i suoi occhi, il suo braccio armato, uno dei suoi uomini di punta sul territorio, viene raccontata da Mario Castrogiovanni. Coetaneo di Lillino, suo compagno di scuola, Mario sceglie, invece, di diventare un poliziotto, di mettersi al servizio dello Stato e della legalità.

Della scelta di Lillino, della sua ascesa, ed infine, della sua latitanza, Mario non tralascia nessun dettaglio. Con occhio lucido e un linguaggio quasi tecnico, il commissario Castrogiovanni non dimentica di raccontare cosa avviene anche dall’altra parte della barricata, ovvero, ci svela le strategie impiegate dalla squadra “Catturandi” che hanno portato all’arresto del boss e dei suoi affiliati.

“Il vurricatore” non può essere etichettato come un semplice romanzo poliziesco, benché l’autore abbia dato prova di grande abilità scrivendo avvincenti pagine che ricostruiscono le operazioni di cattura. I.M.D non scrive neanche una biografia romanzata, le vicende di Lillino, infatti, sono liberamente ispirate alla vita di Gaspare Pulizzi, mafioso legato alla famiglia di Carini, oggi collaboratore di giustizia.

“Il vurricatore” parla di noi, della storia di una terra da sempre intrecciata con la sua più grande piaga. Ci parla dei “tracchiggi” che, mescolando politica, mafia e mondo imprenditoriale, hanno portato un’intera regione al collasso. Dipinge un quadro schietto e realistico della “cupola”, ci spiega il suo funzionamento, le sue tradizioni e le sue peculiarità.

L’autore, poliziotto della sezione Catturandi della squadra mobile di Palermo, nel corso della narrazione non sbeffeggia mai Cosa nostra, non ne fa una caricatura, non la sottovaluta nemmeno per un istante, dando quasi onore all’astuzia dell’avversario. Insomma, leggendo di questi uomini “d’onore” potenti e testardi, e insieme, di questa squadra speciale che mette insieme tasselli e rischia la vita in nome di una legalità ogni giorno sbeffeggiata e tradita, non si può fare a meno di capire che in Sicilia il bene e il male danzano, da sempre, in un lungo e asfissiante abbraccio.

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