Da Siculiana Marina a Punta Bianca. Viaggio alla scoperta di leggende e panorami senza tempo

di Giuseppe Imburgia

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Da Siculiana Marina a Punta Bianca. Viaggio alla scoperta di leggende e panorami senza tempo

| giovedì 13 Febbraio 2014 - 09:26

Riprendiamo il nostro cammino da Siculiana Marina seguendo la costa in direzione est. Subito dopo la gettonatissima spiaggia di Giallonardo, troviamo un imponente promontorio dal quale si erge la Torre di Monterosso, una massiccia costruzione a pianta quadrata, ancora in buone condizioni, risalente alla metà del XV secolo. La sua posizione strategica consente di dominare circa cinquanta chilometri di costa da Capo San Marco (Sciacca) a Punta Bianca.

La torre, immagino, prenda il nome dal colore rosso brunastro della montagna. Da lì si può godere un tramonto stupendo! Peccato che anche questa contrada non sia stata risparmiata dal cemento! Ai piedi del promontorio emerge la sagoma del “Cappiddazzu”, un grande scoglio sul quale la furia del mare ha disegnato una strana forma di cappello. Prima di arrivare alla famosissima Scala dei Turchi incontriamo altri due insediamenti abbastanza trafficati in estate. Si tratta del Lido Rossello e di Punta Grande dirimpettai di un altro scoglio particolare: lo scoglio “du zitu e a zita”. Si tratta in effetti di una coppia di scogli, uniti sottʼacqua, ai quali è legata lʼantica leggenda di una storia dʼamore, contrastata dalle differenze sociali, tra due giovani, Rosalia e Peppe.

I due innamorati, giurandosi di voler rimanere uniti per sempre, si lanciarono nel mare scomparendo tra le onde. Racconta la leggenda che a distanza di anni, nel punto esatto dove i due scomparvero spuntarono i due scogli. Siamo arrivati alla Scala dei Turchi, il più importante affioramento marnoso di questa costa, e, forse, uno dei più famosi al mondo. Bianca candida come le scogliere di Dover che si affacciano sul Canale della Manica, la Scala dei Turchi  si affaccia sul Canale di Sicilia. Si trova sotto Realmonte, un comune di poco più di 4.000 abitanti situato su un grande  terrazzamento pianeggiante a poca distanza dalla costa. Nel suo territorio si trova la Villa Romana di Durrueli del primo secolo d.C., di cui rimane soltanto parte della pavimentazione, e una importante miniera di sale.

La miniera, gestita dalla “Italkali”, si trova a circa due chilometri dal centro abitato. Rappresenta una delle più importanti e più vaste miniere della Sicilia (assieme a quelle di Pasquasìa e Racalmuto). Le sue gallerie si estendono su più piani nel sottosuolo per circa 25 km, interessando i territori di Siculiana e Raffadali. Al suo interno è stata ricavata la “Cattedrale di Sale”, una chiesa vera e propria, alle cui pareti sono scolpite in bassorilievo la “Sacra Famiglia”, Gesù Crocifisso e altre figure sacre. Al’ingresso della chiesa due grandi acquasantiere ricavate da blocchi di sale. Ogni anno il 4 dicembre vi si celebra una Messa in onore di Santa Barbara, Patrona dei minatori.

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Ma torniamo a parlare della Scala dei Turchi, da decenni meta del turismo internazionale, oggi finalmente liberata dall’obbrobrioso scheletro di cemento armato che per anni ne ha deturpato il paesaggio. Questo grandioso monumento della natura modellato nei secoli dal mare, dalla pioggia e dal vento, scende a gradoni sul mare, proprio come una grande scala. Prende il suo nome, secondo la fantasia popolare, dalle incursioni piratesche dei Turchi che, in questa zona, meno battuta dai venti, trovavano riparo per un approdo più sicuro.

Sulla Scala dei Turchi più che da scrivere cʼè da ammirare e da godere. Seduti o sdraiati, soli o in compagnia, col sole o con la pioggia ad ogni ora del giorno potremmo passare delle ore in contemplazione di questo spettacolo sempre diverso a seconda della luce: dal bianco quasi fosforescente nelle notti di luna piena, al rosso acceso nei tramonti dʼestate.

A malincuore lasciamo questo posto dʼincanto, non prima di aver fatto le ultime foto alla spiaggia antistante dove i massi neri della barriera frangiflutti formano con gli scogli bianchi e piatti uno strano disegno. Mi dirigo verso Porto Empedocle per incontrare il mio carissimo amico Carmelo, grande conoscitore di tutta la costa agrigentina. Mi porterà in barca a scattare qualche foto dal mare. Lʼappuntamento è al porto dove, allʼinizio del vecchio molo, la Torre del Caricatore di Girgenti (XIV secolo) si erge possente come a voler controllare il traffico marinaro. In effetti il porto di Porto Empedocle è uno dei più trafficati dellʼisola: flotte di pescherecci, navi e aliscafi da e per Lampedusa, e, in estate, perfino grandi navi da crociera vengono a scaricare eserciti di turisti “mordi e fuggi” per una rapida visita alla Valle dei Templi.

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La torre è chiamata anche Torre di Carlo V, in omaggio allʼImperatore che la fece ricostruire nel XVI secolo. È bello vederla riflessa sul mare alle prime luci del giorno. È una bellissima mattina, il mare è piatto, Carmelo, puntuale e organizzato come sempre, mi mostra tutti quei posti impossibili da raggiungere dalla terraferma. Posti dʼincanto: calette incontaminate, piccole spiagge dalla sabbia finissima e pareti a picco sul mare che difficilmente lʼingordigia e il vandalismo potranno contaminare. Speriamo bene!

È stata una giornata memorabile. Sempre a Porto Empedocle, otto mesi prima, ho assistito a unʼevento anchʼesso memorabile seppur per motivi diversi: un piccolo tsunami, accompagnato da una “bomba” di neve (fenomeni che in Italia stiamo cominciando a conoscere), si è abbattuto sulla costa alle prime ore del mattino. Poi, con il sorgere del sole, i nuvoloni neri si sono pian piano allontanati ed è venuta fuori una giornata meravigliosa! Continuiamo a percorrere la costa verso est e a breve distanza, subito prima del porto di San Leone, troviamo la foce del Fiume Akragas, un tempo navigabile. San Leone è la frequentatissima località balneare di Agrigento; in estate vi si contano più di 30.000 abitanti contro una popolazione stabile di 4.000. Le lunghe spiagge, le Dune e la Maddalusa, dʼestate si popolano fino allʼinverosimile. Lidi per tutti i gusti e per tutte le età, musica, beach-volley, giochi per bambini, fanno di queste spiagge la meta preferita degli agrigentini e non solo. Dʼinverno invece recuperano il loro fascino, e talvolta diventano meta degli amanti del kite surf.

Seguono, sempre in direzione est, le borgate di Villaggio Mosè, Villaggio Peruzzo, Cannatello, tra loro, a causa dellʼespansione edilizia, non vi è più alcuna soluzione di continuità. Superata la Foce del fiume Naro inizia un lungo litorale a strapiombo sul mare, caratterizzato dai calanchi, caratteristici dirupi molto scoscesi attraversati da profondi solchi. Tali solchi sono determinati da fenomeni di erosione dovuti al dilavamento delle acque sulle rocce argillose prive di vegetazione e pertanto poco protette dallʼazione  del ruscellamento. Come non ricordare i calanchi sui quali poggia il Tempio di Giunone. In bilico su uno di questi calanchi una terrazza sul Canale di Sicilia, è il B&B, “LʼImperatore”. Mi darà ospitalità per la notte. Questo litorale così particolare arriva fino a Punta Bianca. Siamo arrivati!!!

Il posto è di straordinaria bellezza. Lʼaffioramento di marna sembra una spuma bianca gigantesca. A est il Castello di Palma di Montechiaro sorveglia un lungo tratto di costa dallʼalto del suo promontorio. Con i miei amici Giulia e Fabrizio decidiamo di aspettare il tramonto seduti coi piedi “a mollo” sui gradini di una vecchia casetta ormai corrosa dal mare: che spettacolo! Non ce ne vorremmo andare, ma è già buio. Ci consoliamo al pensiero che una gustosa cena a base di pesce ci attende.

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