Veronesi sulla liberalizzazione della cannabis | “Vietare non serve a niente”

di Redazione

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Veronesi sulla liberalizzazione della cannabis | “Vietare non serve a niente”

| venerdì 21 Febbraio 2014 - 09:35

È sempre più aperto il dibattito sulle droghe leggere. L’ultimo in ordine di tempo ad aver espresso un parere in merito è stato il professore Umberto Veronesi.

Con un editoriale pubblicato sul quotidiano “La Repubblica”, il direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia ha ricordato l’esigenza di “superare le barriere ideologiche e ammettere che proibire non serve a ridurre il consumo”.

L’oncologo si scaglia anche contro la bocciatura da parte della Corte Costituzionale della legge Fini-Giovanardi: “La sentenza della Consulta – scrive Veronesi – , che dichiara incostituzionale la legge Fini-Giovanardi, dimostra, ancora una volta, la visione civilmente più avanzata dei nostri giudici rispetto al Parlamento. Con la bocciatura della legge, che equiparava droghe pesanti e leggere e prevedeva pene fino ad 20 anni di reclusione, si è calcolato che le condanne dovranno essere riviste per 10.000 detenuti, perché connesse all’uso di droghe leggere, dunque per reati di lieve entità. È un numero enorme, che corrisponde quasi alla metà di tutti i reclusi per droga, complessivamente circa il 40% dei carcerati. Ora, si stima che circa il 50% dei nostri giovani faccia uso di cannabis, oltre a molti adulti. Significa che metà dei giovani italiani è criminale? Se fosse così, ci sarebbe un motivo in più per ritenere la Fini-Giovanardi un totale fallimento. Mettere sullo stesso piano droghe leggere e pesanti è antiscientifico”.

Veronesi ribadisce un concetto: “vietare non serve a niente”. Per lo scienziato il divieto ha come unica conseguenza la “propensione alla trasgressione”. “Se anche pensiamo che la cannabis – scrive – sia l’anticamera di sostanze più pericolose, davvero crediamo che penalizzando il possesso di una dose possiamo interrompere la spirale di angoscia esistenziale che porta al baratro mortale della droga pesante? I dati ci dicono di no. Rendere la cannabis un tabù o un piccolo crimine non serve affatto ad affrontare il problema”.

“Se si deve ricorrere alla proibizione, significa che abbiamo fallito nella nostra azione educativa – continua –. La droga è un problema più sociale e culturale, che penale e una legge che impone sanzioni pesanti o addirittura la prigione non può risolverlo. Dobbiamo renderci conto che se rendiamo criminali i consumatori di droga, li obblighiamo soltanto ad uscire dalla legalità e dal controllo, senza che smettano di drogarsi”.

Ma l’oncologo precisa che legalizzare non basta. “Bisogna educare e trasmettere il principio non che la droga è illegale, ma che ha un valore socialmente e individualmente negativo, informando tutti, a partire dalle scuole, sui rischi reali per la salute. Basta con le demonizzazioni quindi. È anche il momento per ridare alla cannabis lo spazio che merita nella cura del dolore. Già molte regioni hanno reso accessibile la cannabis ad uso terapeutico. È assurdo, per il resto del Paese, rinunciare ad un potente antidolorifico solo perché ha la “colpa” di essere anche una sostanza stupefacente. Il dolore è il più grande nemico dei malati, annienta la loro dignità, spegne le loro energia e la volontà di combattere. Il dolore va affrontato con ogni mezzo a nostra disposizione. Anche con la cannabis”.

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