Il pm Di Matteo precisa: “Non voglio andare via dalla Sicilia”

di Redazione

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Il pm Di Matteo precisa: “Non voglio andare via dalla Sicilia”

| lunedì 07 Aprile 2014 - 16:14

Dopo le minacce del boss corleonese Totò Riina il pm Nino di Matteo annuncia di non volere lasciare la Sicilia. In un’intervista al blog di Beppe Grillo precisa: ”Io non ho nessuna intenzione di abbandonare il mio lavoro, è stata eccessivamente enfatizzata la notizia della domanda di partecipazione a un concorso, quello per la Procura nazionale antimafia, ma io nei mesi scorsi avevo presentato anche altre domande, per esempio per procuratore aggiunto a Palermo e a Caltanissetta e giustamente nessuno aveva dato quella notizia”.

”Ritengo che la partecipazione a un concorso sia normale, sia fisiologica – ha aggiunto – tanto più che eventualmente nel caso in cui dovessi essere prescelto tra i magistrati designati per la direzione nazionale antimafia potrei chiedere di essere applicato a Palermo per continuare le indagini e i processi di cui mi occupo”.

“La procura di Palermo – sottolinea Di Matteo – non ha firmato un documento, tecnicamente ha espresso un parere e così come le procure di Caltanissetta e di Firenze ha ritenuto che in questo momento, e con queste condizioni di salute, certificate da più perizie, Provenzano non sarebbe in grado di fare uscire ordini neanche se detenuto a un regime normale di alta sorveglianza e non di 41 bis. Per questo avevamo ritenuto di esprimere un parere contrario all’ulteriore proroga del 41 bis allo Stato”.

“Questo su un presupposto che però deve essere chiaro a tutti: 41 bis – prosegue il pm – è regime assolutamente fondamentale. Noi auspichiamo che venga mantenuto nella sua vigenza e nella sua regola attuale anche in futuro, si è rivelato fondamentale per cercare di recidere i rapporti tra i capi detenuti e i mafiosi ancora in libertà, deve continuare a essere applicato con rigore, ma la ratio è proprio quella di recidere i possibili contatti, non è una ratio afflittiva nei confronti del detenuto, per questo avevamo ritenuto di dare un parere favorevole, proprio perché ritenevamo, sulla base delle perizie, che in questo momento il pericolo del rapporto con l’esterno fosse un pericolo astratto e non minimamente concreto”.

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