Nessuna promozione per Antonio Ingroia. Almeno per il momento. Il plenum del Csm blocca la richiesta della Quarta Commissione. A dibattito appena iniziato con l’intervento del relatore Mariano Sciacca (Unicost), il consigliere Paolo Carfì (togato di Area, il cartello delle correnti di sinistra delle toghe) ha chiesto e ottenuto il ritorno in Commissione della proposta, per una nuova stesura delle motivazioni.

A non convincere Carfì l’affermazione che dei comportamenti dei magistrati che esulano dall’esercizio delle loro funzioni, come per esempio le interviste, non si possa mai tenere conto nelle valutazioni sulla loro professionalità. Una formulazione giudicata “troppo drastica” dal consigliere e con cui la Commissione a maggioranza aveva in parte motivato la propria scelta di riconoscere a Ingroia il positivo conseguimento della sesta valutazione di professionalità per il quadriennio compreso tra il 2007 e il 2011, quando era ancora alla procura di Palermo.

La Commissione aveva infatti sostenuto di non poter prendere in considerazione alcune interviste rilasciate da Ingroia nel 2013, pur giudicandole di “oggettiva ed estrema gravità”, perché una circolare di Palazzo dei marescialli non consentirebbe mai il vaglio di comportamenti estranei all’esercizio delle funzioni.

I voti favorevoli al rinvio sono stati 18 (hanno votato sì anche il vice presidente Michele Vietti e i vertici della Cassazione; contrari i togati di Magistratura Indipendente; tra gli astenuti il relatore Sciacca, che ha bacchettato Ingroia per aver detto ieri che “il Csm è indietro di qualche anno sulla libertà di pensiero”: su questo terreno “non accettiamo lezioni da Ingroia”.