Vujadin Boskov, il papà della Samp dei miracoli | Un ricordo dell’uomo dalla battuta fulminante

di Francesco Lamiani

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Vujadin Boskov, il papà della Samp dei miracoli | Un ricordo dell’uomo dalla battuta fulminante

| lunedì 28 Aprile 2014 - 10:53

Gli yuppies mettevano l’orologio sul polsino per imitare l’Avvocato. Le ragazzine si strappavano i capelli per i Duran Duran, ma per chi viveva di calcio quelli erano gli anni del campionato più bello del mondo. L’ultima favola pallonara di un’Italia ormai lontanissima è targata Genova, anzi Sampdoria. Con lo scudetto vinto dai blucerchiati nel 1991 si chiude probabilmente il ciclo delle imprese possibili iniziato qualche anno prima dal Verona di Osvaldo Bagnoli.

La morte di Vujadin Boskov, il tecnico slavo artefice del miracolo doriano, lascia l’amaro in bocca non solo per il lutto che colpisce il mondo dello sport europeo, ma soprattutto perché ci ricorda quanto sia distante da oggi quel tipo di calcio: schietto e di qualità, proprio come l’allenatore di Belgrado.

La Samp era un’orchestra e Boskov stava sul palchetto a dirigerla col piglio del sergente e la simpatia di uno showman navigato. Una sorta di Mourinho d’oltre cortina dotato di un humour poco conosciuto all’attuale tecnico del Chelsea e dell straordinaria capacità di far convivere gregari e primedonne facendo giocare loro un calcio appassionante.

Sarà anche per queste ragioni che in tanti hanno guardato con simpatia a quella Sampdoria capace di arrivare ad un passo dal paradiso poi rubato da un gol di Koeman dalla distanza: era la finale di Coppa dei Campioni e il Barcellona, a Wembley, vinse per la prima volta quel titolo.

Se l’eredità calcistica di Boskov è importante, lo è forse di più la sua capacità di adoperare, in modo decisamente innovativo per quei tempi, sia la televisione che ogni strumento di comunicazione. Si aspettava con trepidazione il servizio da Genova per sentire il commento del tecnico slavo: aforismi elevati a ‘perle’ dal genio della Gialappa e di Mai dire Gol.

Un’ironia sottile, quasi fiabesca come quando parlando di Gullit disse “È come cervo che esce di foresta…”. L’epitaffio di Boskov, però, sarà per sempre quel ‘rigore è quando arbitro fischia’ che gela ogni polemica e neutralizza il chiacchiericcio italico che riempie i dibattiti calcistici più di ogni cronaca della partita. Ci mancherà.

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