Riti Voodoo e stupri per convincerle a prostituirsi | Arrestati cinque cittadini nigeriani

di Redazione

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Riti Voodoo e stupri per convincerle a prostituirsi | Arrestati cinque cittadini nigeriani

| venerdì 02 Maggio 2014 - 12:02

Costrette a prostituirsi per restituire all’organizzazione i soldi anticipati per pagare il viaggio dalla Nigeria fino all’Italia, via Lampedusa, e terrorizzate con violenze, stupri e riti Voodoo.

Un traffico che è stato stroncato dalla Procura di Agrigento con l’arresto di cinque nigeriani accusati di associazione per delinquere, favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione finalizzata al reclutamento di giovani nigeriane prelevate con l’inganno dalle terre d’origine e costrette a prostituirsi sul suolo italiano.

L’operazione è stata denominata ‘Voodoo’ e i provvedimenti sono stati eseguiti dai carabineri nelle province di Ascoli Piceno, Ravenna, Roma e Brindisi. Altri nigeriani colpiti dai provvedimenti sono al momento latitanti. Le indagini sono state avviate nell’agosto del 2011 a seguito del presunto sequestro di una giovane nigeriana da parte di alcuni membri del clan.

La giovane aveva trovato temporaneo rifugio in un centro di accoglienza dell’hinterland di San Benedetto del Tronto, dopo essere stata trasferita dall’organizzazione criminale in Italia, attraverso Lampedusa.

Tappa finale della giovane era la città di Ravenna, dove era stata destinata a “battere” le strade periferiche di quel centro per ripagare il costo del viaggio in Italia anticipato dall’organizzazione criminale e ammontante a più di 20mila euro.

Centrale il ruolo svolto da uno “stregone”, padre di due degli indagati, che tutt’ora risiede in Nigeria. Le indagini avviate dai militari del Nucleo Operativo dei carabinieri di San Benedetto del Tronto, inizialmente sotto la direzione del sostituto procuratore di Ascoli Piceno Carmine Pirozzoli, consentirono di localizzare la vittima, a seguito di attività d’intercettazioni e di pedinamenti, che fece delle prime dichiarazioni sui soggetti che avevano organizzato il suo viaggio in Italia.

Le indagini sono state rese difficoltose anche per la scarsa collaborazione ricevuta dalle vittime, terrorizzate dalla “ritualizzazione voodoo” cui erano state sottoposte in Nigeria prima di giungere in Italia attraverso la direttrice Nigeria-Niger-Libia-Lampedusa.

I carabinieri di San Benedetto del Tronto, successivamente coordinati dalla Procura della Repubblica di Agrigento sono riusciti a documentare le strategie gestionali dell’organizzazione, che prevedevano il reclutamento in madrepatria e il successivo viaggio verso l’Italia, attraverso il deserto con tappa intermedia in Libia, dove altri membri dell’organizzazione erano deputati all’accoglimento delle ragazze e alla loro temporanea sistemazione, prima dell’imbarco per l’Italia.

Spesso in territorio africano le ragazze venivano già sfruttate sessualmente, e sottoposte a violenze fisiche e sessuali. La struttura criminale di matrice nigeriana è agevolata dal fatto che le malcapitate sono facilmente controllabili e gestibili, anche a distanza, grazie alla paura per i riti voodoo a cui era state sottoposte e alle continue minacce di ritorsioni violente ai danni dei componenti delle famiglie d’origine che vivono in poveri villaggi in caso di mancato pagamento dei debiti di viaggio con i proventi della prostituzione.

Gli investigatori sottolineano che i reati contestati rientrano nel fenomeno del traffico di essere umani per lo sfruttamento sessuale che in Europa e’ il secondo crimine organizzato per diffusione e vale circa 19 miliardi di euro annui di fatturato complessivo.

Quello di matrice nigeriana è un traffico ben organizzato e, in genere, si concentra attorno a una figura femminile chiamata “Maman”, che ha un ruolo chiave nel convincere le giovani donne a lasciare la loro casa in Nigeria per recarsi in Italia.

Le malcapitate sono convinte con l’inganno e sempre utilizzando le pratiche voodoo, miste a minacce e violenze, che hanno una grande presa sulle giovani e sulle loro famiglie. In questo caso c’era invece uno “stregone”.

In carcere, su ordinanza firmata dal gip di Agrigento Ottavio Mosti che ha accolto la richiesta del sostituto procuratore Salvatore Vella e del procuratore Renato Di Natale, sono finiti Destiny Obuh 34 anni soprannominato “Bros Happy”, Uche Obuhu, 24 anni soprannominata “Vera”, domiciliata a Ravenna, Bridget Owanlengba di 26 anni, Famous Erengbo, 38 anni, soprannominato “Pape”, residente a Castel di Lama (Ascoli Piceno) e Endurande Obuh, 28 anni, domiciliato a Roma.

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