La crisi colpisce anche il lavoro nero | Persi oltre centomila posti irregolari

di Redazione

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La crisi colpisce anche il lavoro nero | Persi oltre centomila posti irregolari

| sabato 07 Giugno 2014 - 12:51

Anche il lavoro nero subisce gli effetti della crisi. sono 106.000 i posti di lavoro in nero persi tra il 2007 e il 2012 ed il totale dei lavoratori irregolari in Italia è sceso a 2.862.300 unità. Quasi la metà del lavoratori rregolari, spiega la Cgia di Mestre nel suo studio, lavora nel Mezzogiorno, mentre sono poco più di seicento mila nel nord Ovest e 442mila nel Nord Est.

“La crisi  ha tagliato drasticamente la disponibilità di spesa delle famiglie italiane. Pertanto, anche per le piccole manutenzioni, per i lavori di giardinaggio – spiega Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia -o per le riparazioni domestiche non si ricorre nemmeno più al dopolavorista o all’abusivo. Questi piccoli lavori o non vengono più eseguiti, oppure si sbrigano di persona”. Ad essere maggiormente colpiti i lavori legati alla manutenzione della casa come idraulici, elettricisti e falegnami.

“Certo, non tutti i settori hanno subito una contrazione della presenza degli abusivi – spiega Bortolussi- . In quello della cura alla persona, come parrucchieri, estetiste o massaggiatori, nella riparazione delle auto, moto o cicli e nel trasporto persone l’aumento degli irregolari è stato esponenziale”.

“Rispetto al resto del Paese, nel Sud – afferma il segretario della Cgia – la presenza dell’economia sommersa è più diffusa e strutturata . A differenza del Centro-Nord, dove in linea generale il lavoratore irregolare opera prevalentemente da solo e in piena autonomia, nel Mezzogiorno l’economia sommersa riguarda molte filiere dei servizi e del produttivo. Pertanto, è presumibile che la crisi abbia rafforzato il peso e la dimensione di quelle attività e di quei settori che tradizionalmente operano nella cosiddetta “area grigia” o sono controllati dalla criminalità organizzata”

Nelle stime dell’Ufficio studi della Cgia a livello nazionale il valore aggiunto prodotto dall’economia sommersa è poco più di cento miliardi di euro all’anno, portando così di fatto un ammanco di 45 miliardi di euro di gettito fiscale.   “Con la presenza del sommerso – continua Bortolussi- la profonda crisi che sta colpendo il Paese ha, probabilmente, effetti economici e sociali meno pesanti di quanto non dicano le statistiche ufficiali. È evidente che chi pratica queste attività irregolari fa concorrenza sleale nei confronti degli operatori economici regolari che non possono o non vogliono evadere. Ma nel Mezzogiorno e nelle aree più in difficoltà del Paese il sommerso costituisce un vero e proprio ammortizzatore sociale. Sia chiaro, nessuno di noi vuole elogiare il lavoro nero, spesso legato a doppio filo con forme inaccettabili di sfruttamento, precarietà e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, quando queste forme di irregolarità non sono legate ad attività riconducibili alle organizzazioni criminali o alle fattispecie appena elencate costituiscono in questi momenti così difficili un paracadute per molti disoccupati, cassaintegrati o pensionati che altrimenti non riescono ad arrivare alla fine del mese”.

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