Arriva nelle sale italiane “Ore diciotto in punto”. Una favola moderna con un cast d’eccezione

di Roberta Impallomeni

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Arriva nelle sale italiane “Ore diciotto in punto”. Una favola moderna con un cast d’eccezione

| mercoledì 11 Giugno 2014 - 08:00

C’è tutta la bellezza di Palermo, c’è la creatività e il saper fare dei siciliani, e c’è il coraggio di credere nei sogni, anche quelli impossibili. Ma questi sono solo tre dei tanti motivi validi per andare al cinema dal 12 giugno prossimo. Il film si intitola “Ore diciotto in punto”, e una delle sue “anime” più colorate è quella di Valentina Gebbia, palermitana d.o.c. e fantasia poliedrica: un personaggio tutto da scoprire!

Cos’è “Ore diciotto in punto”?

È un favola moderna che racconta la storia di Nicola, un barbone che, sul punto di togliersi la vita, viene interrotto da un evento casuale e imprevedibile, gettando nello scompiglio l’ufficio “celeste” incaricato di accompagnare nell’aldilà le anime dei suicidi. È un film sul destino e sulla possibilità di cambiare le cose. Il cast è tutto siciliano, dai protagonisti –  Paride Benassai, Salvo Piparo, Roberta Murgia  e io –  insieme a nomi più conosciuti e apprezzati dal grande pubblico come Lollo Franco, Giuseppe Santostefano, Stefania Blandeburgo, Ernesto Maria Ponte, Giuditta Perriera, Gigi Borruso e l’unico “straniero”, il romano Fabio Gagliardi. Il tutto con le stupende musiche di Francesco Di Fiore, eseguite anche da Giovanni Sollima e dagli ArchiEnsemble. Io ho pure la gioia di aver scritto il testo della “Canzone di Stella”, cantata dalla bravissima Oriana Civile.

Com’è nato il progetto del film, e perché è così particolare?

Tutto parte dall’idea e da una sceneggiatura che il regista Giuseppe Gigliorosso aveva nel cassetto da anni, dopo vari tentativi di ricerca di un produttore. Il nostro incontro è stato l’unione di due vulcani di volontà e passione pronti ad esplodere. In breve, rimaneggiata la sceneggiatura, attorno al progetto si è creato un gruppo di artisti e tecnici, uniti dal desiderio di fare e da una tenacia straordinaria, che non si è scalfita di fronte a nulla. Nemmeno davanti al problema dell’assenza di un produttore o di un finanziamento pubblico. Così l’intera troupe è diventata essa stessa coproduttrice del film e, nonostante le difficoltà giornaliere e i tempi di realizzazione biblici (sette mesi di riprese e tre anni in tutto di lavorazione), ha portato a termine “Ore diciotto in punto”, che lo scorso anno è stato selezionato al Taormina Film Fest, ha vinto il premio per la Migliore Regia al Festival dell’Arte Cinematografica di Imperia e quello del pubblico allo Sciacca Film Fest. Adesso il film ha finalmente trovato un canale di distribuzione indipendente che il 12 giugno lo porterà nelle sale di tante città italiane, come il cinema Gaudium di Palermo, il King di Catania, l’Apollo di Messina e lo Stardust di Roma.

Tu sei quindi sia co-sceneggiatrice che attrice. Qual è il ruolo che hai amato di più?

Interpretare il ruolo di Duchessa è stato un antico sogno realizzato, perché questa è stata la mia prima prova d’attrice in un lungometraggio. Trasformarmi in una barbona, poi, è stata un vera catarsi, mi ha trasmesso un enorme senso di libertà e mi ha insegnato cosa significhi davvero rinunciare all’apparenza.

Una lunga lavorazione e tante difficoltà: com’è stata la vostra convivenza?

La nostra idea di troupe è stata quella di una famiglia allargata, in cui abbiamo accolto chiunque potesse contribuire ad aiutarci. Alla fine, famiglia è quello che diventi, dopo aver dormito tutti insieme in una palestra di Valledolmo o mangiando ogni giorno la pizza dello sponsor, e superando i tanti problemi quotidiani con l’improvvisazione, l’allegria e la caparbietà, pur di “portare a casa la giornata”.

Il film è stato girato a Palermo e provincia, e regala agli spettatori splendide vedute della città e inquadrature di bellezze talvolta ignorate dagli stessi cittadini. Valentina Gebbia ha sempre scritto di e su Palermo, ma questa volta c’è stata quasi una sovrapposizione tra la donna di cinema e la scrittrice.

In effetti, finito il film, ho scritto il mio ultimo romanzo, “Acquasanta”, pubblicato per i tipi di Edizioni Leima (non a caso ho voluto scegliere una casa editrice siciliana che non manca certo di coraggio e iniziativa). Nel libro, un giallo con sfumature di rosa, c’è proprio il senso del gruppo, l’importanza della famiglia, il divertimento del fare ciò che si ama, e l’avventura di una troupe che decide di  realizzare un film autoprodotto. Inoltre, sia il libro che il film, utilizzando ognuno il proprio linguaggio, usano il mistero, la favola e il sorriso, per dare un nuovo volto alla città di Palermo, che è ormai troppo stigmatizzata dalla tv. Sarebbe auspicabile, per la città come per l’intera Isola, una fioritura del turismo attraverso il cineturismo, che potrebbe rappresentare un’immensa risorsa economica e dare lavoro a tanta gente.

Con “Acquasanta” tu torni alla serie di bizzarre indagini che vede come protagonista la strampalata famiglia Mangiaracina. Come mai torni a questi personaggi dopo sei anni di assenza dalle librerie?

In primo luogo, non potrei mai rinunciare ai Mangiaracina, perché sono la “mia” famiglia e dunque mi sono mancati, senza dimenticare le tante richieste ricevute in tutto questo tempo da parte dei lettori orfani dei loro personaggi. Inoltre, attraverso le loro diverse voci e visioni, io riesco a raccontare la Palermo che voglio far scoprire oppure denunciare, e che non è quella che viene divulgata dai media. In “Acquasanta”, per esempio, sullo sfondo dell’indagine, oltre ai fasti storici della città, racconto fra le righe una situazione di disagio, frutto anche di dati reali che ho raccolto negli uffici deputati. Una situazione grave, triste e malinconica, che non posso svelare per non dare anticipazioni sul finale del giallo, e che lascio scoprire al lettore.

Terio, Fana e la mamma, Assunta Mangiaracina. Tu chi sei?

Io sono tutti e tre, a seconda dei momenti. Terio è il palermitano dal pessimo carattere, che ama la sua città ma che se ne lamenta, che non sopporta le storture e le denuncia. Fana, invece, vive il sole, il caldo, la confusione, lo scirocco. La sua è la dimensione dell’anima, che si scontra con la logica di Terio. Oltre il fatto che la chiacchiera di quartiere è il suo pane quotidiano. Assunta, invece, è importante perché identifica quell’idea di famiglia che non c’è più, legata a valori che stanno scomparendo. Certo, se dovessi immaginare una serie Tv tratta dalla serie dei romanzi (un altro dei miei sogni da realizzare), io sarei certamente Fana, mentre ho sempre identificato Terio con il volto di Rosario Fiorello, e Anna Maria Barbera sarebbe una perfetta Assunta. Per il cugino carabiniere Nofrio… non so, aspetto suggerimenti dai lettori.

In quest’ultimo periodo c’è un altro tuo libro che sta tornando alla ribalta, per l’attualità della tematica trattata: “Erba celeste”.

“Erba celeste” è nato nel 2004. L’ho scritto dopo aver vissuto l’esperienza della malattia di un amico, in seguito alla quale mi ero messa a studiare le qualità medico-curative della cannabis. In questo, sono come Terio, una studiosa di medicine naturali. Finalmente, oggi si comincia a togliere il velo su uno dei grandi tabù del nostro tempo, si comincia a pensare al benessere degli ammalati, e si parla del paradosso di una pianta che da millenni è utilizzata per la cura delle malattie, ma che è illegale. Il libro, in libreria, ha avuto vita difficile. Molti nemmeno lo esponevano, intimoriti dalla copertina. Ricordo che Andrea Camilleri mi disse che “la copertina intimorisce i fessi”. Chi lo ha comprato, lo ha fatto prevalentemente online, perché è anche un e-book. Direi che sarebbe il momento di farne un film, magari realizzato da Pif, che ha dimostrato di possedere enorme delicatezza nell’affrontare temi difficili rivestendoli con toni da favola. Una visione che si adatta perfettamente al mio stile letterario.

Progetti futuri?

La mia natura è quella di essere in moto creativo perpetuo, quindi sto scrivendo una sceneggiatura, ho appena finito di interpretare un ruolo nell’ultimo film di Gianni Di Gregorio, “Buoni a nulla”, che uscirà nelle sale dopo l’estate e, sempre in quel periodo, sarà pubblicato il mio primo romanzo sentimentale, in una nuova collana di Leima dedicata proprio all’amore. Un altro sogno realizzato per il mio animo di giallista romantica.

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