I dati choc dell’Onu: 1889 morti nel Mediterraneo | “L’Italia non deve essere lasciata sola”

di Redazione

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I dati choc dell’Onu: 1889 morti nel Mediterraneo | “L’Italia non deve essere lasciata sola”

| martedì 26 Agosto 2014 - 20:06

Anche l’Onu interviene sul drammatico problema dell’immigrazione diffondendo dati drammatici che purtroppo non tarderanno a crescere. Dall’inizio dell’anno, secondo la stima dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), 1.889 persone sono morte nel Mediterraneo mentre cercavano di giungere in Europa in modo irregolare, 1.600 delle quali dall’inizio di giugno.

E l’incitazione ormai si ripete sempre uguale: serve “un’azione europea urgente e concentrata che preveda il rafforzamento delle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo”.

L’organizzazione mondiale ha espresso “apprezzamento” per l’operazione italiana Mare Nostrum “che ha permesso di salvare migliaia di vite” e traccia un bilancio: circa 124.380 gli arrivi via mare in Europa, di cui ben 108.172 in Italia (al 24 agosto) tra i quali almeno 14 mila minori di cui 8.600 non accompagnati.

Ma una cosa è certa: l’Italia non può combattere questo fenomeno da sola. “Non dovrebbe esser lasciato a un solo Paese il compito di far fronte al massiccio flusso di migranti”, ha detto il portavoce dell’Onu Stephane Dujarric invocando uno “sforzo internazionale”. Secondo l’Onu “ci dovrebbe essere uno sforzo internazionale”, sia a sostegno dei Paesi che ricevono i migranti, sia perché “tornino condizioni di pace e prosperità nei loro Paesi di origine.

Simile la posizione dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim): “Alcuni dicono che la politica di salvataggio di Mare Nostrum è un fattore che incoraggia più immigrati ad attraversare il mare perché sanno che ci sarà qualcuno a riceverli. Ma la realtà è che ci sono fattori più significativi, tra cui la violenza e le difficoltà, sia nei paesi di origine che di transito. Le persone fuggono da guerre, persecuzioni e regimi totalitari”.

Intanto il naufragio di domenica sera nel Canale di Sicilia assume dimensioni ancora più pesanti. “Secondo quanto hanno raccontato i superstiti sul barcone viaggiavano oltre 500 migranti, se a questa cifra sottraiamo i 364 sopravvissuti e i 24 cadaveri già recuperati significa che mancherebbero ancora all’appello oltre cento dispersi”. Ad affermarlo è il comandante della Nave Fenice, il capitano di Fregata Carlo Scigliuzzo, sulla base delle testimonianze dei superstiti.

Anche in Libia è affondato un barcone venerdì scorso e oggi sulla spiaggia sono giunti i corpi senza vita di uomini, donne e bambini.  Le immagini scioccanti della ‘spiaggia dell’orrore’ lasciano senza parole. Cadaveri sul bagnasciuga, altri a poca distanza dalla riva, altri ancora avvolti nella plastica dai soccorritori. Si tratta di una spiaggia nella zona di al Qarbouli, una cinquantina di chilometri a est di Tripoli.

Davanti a quelle coste, venerdì scorso, un barcone con oltre 200 immigrati – 250 secondo i 16 superstiti – ha segnato l’ennesima tragedia nel Mediterraneo. “Abbiamo ‘liberato’ 100 cadaveri che erano incastrati nel relitto, altri 70 sono stati portati via dalla marea”, racconta Abdel Latif Ibrahim, l’ufficiale della Guardia costiera libica incaricato del recupero dei corpi. Intorno a lui, intanto, i soccorritori con una tuta arancione raccolgono i corpi. Tra le vittime sono stati identificati due eritrei e due etiopi. “Non ci sono falle nel relitto. Credo che la barca si sia rovesciata per il sovraccarico: per loro non c’è stato scampo, sono rimasti intrappolati sotto”, prosegue l’ufficiale. Tra le vittime almeno cinque i bambini.

Altri 15 cadaveri erano stati recuperati al largo tra venerdì e sabato, mentre i sopravvissuti sono 16. Ma questa e altre stragi non fermano la pressione migratoria dalla Libia: nonostante l’instabilità politica che caratterizza il Paese e l’allerta elevata ai confini da Egitto, Algeria e Tunisia, continuano ad arrivare in Libia migliaia di disperati in fuga dalla povertà e dalle guerre che attanagliano l’Africa sub sahariana. Ma anche dalla Siria o dall’Iraq.

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