Cei: “A messa tutti devono sentirsi a casa | anche le coppie irregolari, i migranti e i poveri”

di Stefania Brusca

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Cei: “A messa tutti devono sentirsi a casa | anche le coppie irregolari, i migranti e i poveri”

| mercoledì 27 Agosto 2014 - 16:35

La messa dovrebbe essere “un luogo dove tutti si sentano a casa”: migranti, fedeli in situazione matrimoniale irregolare, persone disabili. È l’invito contenuto in un intervento di monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all’Jonio e segretario generale della Cei oggi a Orvieto ai partecipanti alla 65esima “Settimana liturgica nazionale” organizzata dal Cal (Centro Azione Liturgica).

Galantino, come riporta l’agenzia Sir, ha posto l’accento sulla necessità di recepire l’atteggiamento auspicato da Papa Francesco di una Chiesa “accogliente”.

Il segretario generale della Cei ha chiesto un’attenzione particolare nei confronti dei poveri: “Siamo sicuri – si chiede Galantino –  che i poveri partecipino volentieri alla messa domenicale perché si sentono accolti? Siamo sicuri che nelle nostre assemblee non si facciano davvero differenze tra ricchi e poveri? In che modo ci interroga la presenza di persone che chiedono l’elemosina alla porta della chiesa? Talvolta costoro sono cristiani, anche cattolici, ed entrano in chiesa per pregare o per partecipare alla Messa: quale accoglienza viene loro riservata?”.

Allo stesso modo anche  le celebrazioni devono riservare spazio in particolare a “malati, sofferenti, persone disabili”,  riservando dei posti che “si adattino alle condizioni fisiche e psicologiche dei malati, in particolare per le difficoltà motorie ed uditive”. Lo stesso vale anche per i migranti: “Le comunità del luogo hanno il dovere dell’accoglienza, sono tenute ad accordare loro ospitalità, evitando di farli sentire ospiti, perché nella Chiesa ogni cristiano è a casa propria”. Un altro “tasto dolente” citato da  Galantino riguarda la condizione dei fedeli in situazione matrimoniale irregolare, che “vivono la loro condizione con grande sofferenza” e “percepiscono la disciplina della Chiesa come molto severa, non comprensiva se non addirittura punitiva”.

“Con sincerità – ha concluso il vescovo di Cassano all’Jonio – dovremmo però riconoscere che anche gli altri fedeli percepiscono la disciplina della Chiesa come un’esclusione di questi loro fratelli e sorelle, e, talora, li osservano con uno sguardo carico di pregiudizio”, imponendo loro “un ulteriore fio da pagare, una loro discriminazione di fatto”. È necessaria quindi “accoglienza, comprensione, accompagnamento, supporto”, e “percorsi di vita ecclesiale” sebbene “non possano ricevere la comunione eucaristica”.

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