Venticinque anni fa moriva Scirea, campione “silenzioso” di un calcio ormai lontano

di Emanuele Termini

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Venticinque anni fa moriva Scirea, campione “silenzioso” di un calcio ormai lontano

| mercoledì 03 Settembre 2014 - 12:52

Le fiamme che venticinque anni fa in Polonia avvolsero Gaetano Scirea strappandolo alla famiglia, ai suoi cari e ai tantissimi amanti del calcio, oggi ardono nuovamente. I ricordi, le emozioni, gli affetti che questo campione senza tempo ha saputo donare a chi lo ha conosciuto, non sono mai sopiti. Ritornano in mente, lasciando una scia di doloroso rimpianto che solo i grandi uomini sono in grado di tracciare dietro di sè.

Gaetano Scirea, campione “libero” sul campo e nella vita. Fu il primo grande interprete di un ruolo che oggi va lentamente scomparendo, quello di libero di difesa appunto. Giocò due anni nell’Atalanta per poi legarsi a vita (si, è proprio il caso di dirlo) alla sua Juventus. Al club cui in quattordici anni di battaglie seppe regalare 7 scudetti, 2 Coppe Italia, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe ed una Coppa Uefa. 563 volte bianconero, tra campionato e coppe.

Per lui parlano i numeri o al massimo i ricordi e le parole degli altri. Perchè Scirea era un uomo silenzionso e riservato, non per scelta, ma per natura. Evitava la ribalta, ragazzo mai tronfio e spesso umile oltre ogni ragionevole misura. “Con Gaetano Scirea se n’è andata una delle facce più pulite del nostro calcio”, scrisse Gianni Mura, giornalista non certo avvezzo alle frasi di circostanza, nel lontano 1989.

Il suo amico e compagno di squadra nella vittoriosa spedizione mondiale dell’82, Dino Zoff, dichiarò che con lui bastavano gli occhi, i gesti e le espressioni per chiaccherare. Era un uomo ricco, distaccato perchè “senza sovrastrutture”, forse è per questo che gli anneddoti particolari sulla sua incredibile carriera sono così rari. Se rideva lo faceva dentro, se piangeva aveva gli occhi asciutti, se si arrabbiava non proferiva verbo.

“Con Scirea – ha detto Carlo Tavecchio in occasione dell’inaugurazione del nuovo stadio di San Marino – l’Italia ha perso prematuramente un grande campione e un grande uomo, un simbolo per le sue qualità morali e per le sue indiscusse doti tecniche. Per rilanciare il calcio italiano abbiamo bisogno di non dimenticare le nostre radici più profonde: a 25 anni da quel tragico incidente in Polonia, vogliamo essere vicini alla moglie Mariella e al figlio Riccardo”.

Venticinque anni senza Gaetano Scirea. Difensore bianconero ed uomo in bianco e nero. Enzo Bearzot scrisse disse di lui: “La prima volta che stette in ritiro con me a Lisbona (con l’under 23) dissi che un ragazzo così era un angelo piovuto dal celo. Non mi ero sbagliato. Ma lo hanno voluto indietro troppo presto”.

 

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