Piattaforme petrolifere nel canale di Sicilia | Renzi “ordina” e la Regione obbedisce in silenzio

di Gaetano Armao

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Piattaforme petrolifere nel canale di Sicilia | Renzi “ordina” e la Regione obbedisce in silenzio

| mercoledì 10 Settembre 2014 - 10:39

Dopo il suo insediamento, nell’autunno di due anni fa, il Governo Crocetta ha trovato atti del precedente esecutivo che determinavano il netto sbarramento alla realizzazione di piattaforme petrolifere ed impianti eolici off-shore (delibere di Giunta regionale nn. 263 e 325 del 2010), seguiti da atti di applicazione dei dirigenti generali (Beni culturali, ad esempio).

Le cronache più recenti fanno emergere un dibattito nel quale la politica intende offrire corsie privilegiate per nuove piattaforme petrolifere, sopratutto nel canale di Sicilia, due delle quali dovrebbero essere piazzate a poche miglia da Pantelleria.

Dalle piattaforme nel canale di Sicilia si estraggono già oltre 300 mila tonnellate di greggio e nuovi permessi di ricerca sono stati rilasciati per trivellazioni che si spingerebbero sino all’Isola Ferdinandea.

E cosa fa il governo della ‘legalità di comodo’? Agevola la realizzazione di nuove iniziative estrattive sul mare, dapprima non impugnando le scelte fatte a livello nazionale in favore dei petrolieri ed adesso anche con un accordo – scaricabile qui – che gli stessi sindacati con note del 5 giugno scorso hanno ritenuto “frutto di una trattativa tra aziende e presidenza della Regione, avvenuta non alla luce del sole” non essendo neanche chiari “quali effetti possono scaturire dall’accordo, quali progetti industriali sono previsti e con quanti investimenti, l’impatto occupazionale che si prevede e in quali tempi”.

Nell’accordo il presidente della Regione Crocetta e l’assessore Linda Vancheri, senza preventiva approvazione della giunta (la delibera n. 145 del 17.6.2014 è successiva ed esprime solo “l’apprezzamento”), si sono impegnati «a ripristinare e a mantenere, con particolare riferimento alle royalties, un contesto normativo stabile» (leggi a ridurle nuovamente, decisione di competenza del Parlamento, parimenti non consultato).

Va ricordato, peraltro, che il Governo Crocetta, che a suo dire avrebbe inteso risanare i conti, si è prodigato senza risparmio per ridurre dal 20% al 13% le royalties sulle estrazioni petrolifere nella prima finanziaria 2014, iniziativa impugnata dal Commissario dello Stato poiché: “il legislatore dispone che l’aliquota di prodotto dovuta dal titolare di concessione di coltivazione di giacimenti di idrocarburi liquidi e gassosi e di gas diversi dagli idrocarburi sia ridotta dal 20% al 13%, ma non si preoccupa di quantificare le evidenti minori entrate e la conseguente copertura dell’onere derivante”.

Nonostante gli incrementi varati dal parlamento regionale le imposte versate alla Regione nel 2013 sono scese invece a 74,1 milioni € dai 104,9 milioni di euro del 2012, sicché se si sommano le entrate complessive (royalties e imposte), nel 2013 si raggiungono 93,8 milioni € a fronte dei 115,9 del 2012 (- 22 milioni €): una perdita secca per la Sicilia.

Che interessi a livello nazionale e regionale ci sono dietro queste trattative ‘riservate’ (parola di sindacato) e chi ne sono i reali protagonisti?

Chi traccheggia per trasformare il mare siciliano in un nuovo golfo del Messico con enormi rischi per l’ambiente e le popolazioni?

Come può essere compatibile questo modello di sviluppo con la vocazione turistica, ambientale, archeologica, enogastronomica di zone della Sicilia che ne hanno scelto da tempo un altro incentrato sul turismo di qualità, l’enogastronomia, la valorizzazione agricola ed ambientale?

Come può procedersi a tali agevolazioni prima di negoziare con lo Stato il trasferimento alla Regione siciliana ed ai comuni interessati dell’intero gettito generato dalla estrazione e raffinazione (le c.d. accise che valgono circa 9 miliardi di euro)?

Perché non sono state consultate l’ARS, le organizzazioni sindacali ed ambientali per tempo, rispetto al drastico cambiamento di posizione della Regione, mentre la Giunta è stata coinvolta solo a cose fatte tanto da indurla ad esprimere un ermetico ‘apprezzamento’?

Come è possibile che due amministratori con profili di possibile conflitto d’interessi possano bellamente esprimere la volontà della Regione, e senza che abbiano sentito il dovere di astenersi o di dichiarare formalmente l’insussistenza, anche potenziale, di conflitti d’interesse?

Crocetta, infatti, non è dato sapere se a tutt’oggi sia dipendente (e con quale ruolo) o in aspettativa dell’Eni o, addirittura in pensione (circostanza comunque omessa nel curriculum pubblicato sul sito della Regione), mentre la Vancheri, assessore regionale alle attività produttive, dal curriculum pubblicato risulta essere stata responsabile dell’internazionalizzazione di Confindustria Sicilia, (non si evince se come dipendente o consulente), sarebbe legata all’organizzazione datoriale alla quale sono iscritte le società e la stessa associazione che hanno stipulato l’accordo.

Ebbene, su entrambe le posizioni gli stessi componenti del Governo e sottoscrittori dell’accordo (non risulta in merito un riferimento ad istruttorie da parte delle competenti strutture burocratiche) non hanno ritenuto di offrire alcun chiarimento preventivo o successivo.

L’imparzialità non va solo dimostrata, come ha chiarito la giurisprudenza amministrativa, ma presunta e qui le presunzioni, accompagnate da procedure a tacer d’altro anomale, inducono a ben altre conclusioni. Peraltro, la presa d’atto dell’accordo da parte della Giunta regionale avrebbe l’effetto di agevolare solo le attività delle società sottoscrittrici e non delle altre, con la conseguenza che in vigenza delle delibere del 2010 la Regione dovrebbe continuare ad esprimere il proprio contrario avviso a tutte le iniziative estrattive, anche nel caso di soli permessi di ricerca.

Della questione SiciliaOpenGov ha informato l’Autorità nazionale anti corruzione per le valutazioni di competenza, avuto riguardo alle previsioni proprio della normativa anti corruzione (ed in particolare della legge n. 190 del 2012 e del d.lgs. n. 39 del 2013), della quale, giustamente, si pretende l’applicazione ai dipendenti regionali, ma che si applicano anche agli amministratori.

Quella tenuta dal Governo Crocetta è una linea coerente con quella del Governo nazionale, ed infatti Renzi ha affermato al Corriere della Sera, qualche settimana fa: “È impossibile andare a parlare di energia e ambiente in Europa se nel frattempo non sfrutti l’energia e l’ambiente che hai in Sicilia e in Basilicata. Io mi vergogno di andare a parlare delle interconnessioni tra Francia e Spagna, dell’accordo Gazprom o di South Stream, quando potrei raddoppiare la percentuale del petrolio e del gas in Italia e dare lavoro a 40 mila persone e non lo si fa per paura delle reazioni di tre, quattro comitatini”, accompagnate poi dalla recentissima dichiarazione che si intenderebbe prevedere con norma l’esclusione di qualsiasi competenza delle Regioni (anche speciali) nella decisione di concedere permessi di ricerca e concessioni petrolifere.

Solo che il Presidente della Regione Basilicata Pittella ha risposto che “la Regione attende prima il risarcimento”; Crocetta, invece, obbedisce in silenzio ai dictat di Roma e dei petrolieri. Svendendo, anche in questo caso, la Sicilia e la sua autonomia.

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