“La battuta che fece Tavecchio a luglio ti dà un po’ il ‘tempo’ dell’Italia sulla cultura antirazzista“. Parola di Lilian Thuram, ex campione della Juve e della Nazionale francese, intervenuto ai microfoni di “Radio anch’io lo sport” su RadioRai. “Se lo avesse fatto in Francia o negli Stati Uniti, sicuramente non sarebbe diventato presidente“.

Per Thuram è una questione generazionale: “La battuta che ha fatto il presidente della Figc va di pari passo con la società: più sei anziano, più hai probabilità di avere pregiudizi negativi su donne, omosessualità, colore della pelle. E’ un problema generazionale – spiega – Ci sono cose che, ancora una volta, vengono accettate e bisogna chiedersi perché. Il cambio culturale è sempre difficile in una società, ma bisogna farlo andare di pari passo con l’intelligenza”.

“Ci sono cose che, nel 2015, non si possono più dire o accettare. Bisogna crescere, invece di fare battute o celarsi dietro frasi ‘scherzose’ – prosegue Thuram – Non diventa importante il colore della pelle di qualcuno, le sue origini, la religione, la sessualità, credo che la società debba imparare tanto dal calcio e credo che, in paesi come la Francia o l’Italia, vi siano tracce del passato. In Italia ci sono ancora il razzismo e l’omofobia”.

La ricetta? “Ritengo che il primo passo per lottare contro queste cose sia quello di non cadere nell’ipocrisia, facendo finta che certi problemi non esistono – conclude l’ex difensore francese – Neri si diventa dentro gli occhi degli altri. Non ci sono disuguaglianze, esiste un unico genere: il genere umano. Contro il razzismo si può sempre fare di più. Non bisogna solo affidarsi agli slogan”.