Totò Riina sta male, il boss è ricoverato | Stato-mafia, le rivelazioni di Vito Galatolo

di Redazione

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Totò Riina sta male, il boss è ricoverato | Stato-mafia, le rivelazioni di Vito Galatolo

| giovedì 07 Maggio 2015 - 12:05

Si aggravano le condizioni di salute del boss di Cosa Nostra Totò Riina. La notizia si è appresa oggi nel corso dell’udienza del processo sulla trattativa Stato – mafia che si svolge nell’aula bunker dell’Ucciardone. Totò Riina, secondo quanto ha detto il presidente della corte d’Assise che ha ricevuto comunicazione dal carcere di Parma dove il boss è rinchiuso, è ricoverato in ospedale e ha rinunciato a partecipare all’udienza.

Nell’udienza di oggi ha deposto il boss Vito Galatolo secondo cui “in due diverse lettere Messina Denaro ci chiese di fare un attentato al pm Nino Di Matteo, che andava eliminato perché si era spinto troppo avanti in un processo. Poi capimmo che si trattava del processo sulla trattativa Stato-mafia. Quando sapemmo che l’artificiere che doveva partecipare all’attentato al pm Di Matteo non era di Cosa Nostra, capimmo che dietro al piano c’erano soggetti estranei alla mafia, apparati dello Stato, come nelle stragi del ’92. Messina Denaro ci rassicurò scrivendoci che, comunque, avevamo le giuste coperture”.

“Per l’attentato al pm Di Matteo – ha proseguito Galatolo – raccogliemmo 500 mila euro per acquistare il tritolo: 360mila ne misi io, 140 Girolamo Biondino e Alessandro D’Ambrogio. Il canale per l’approvvigionamento dell’esplosivo erano i calabresi”. In origine l’agguato si sarebbe dovuto organizzare nei pressi del tribunale, ma i boss non trovarono una base logistica per sorvegliare la zona e allora si decise di puntare sui luoghi in cui il pm trascorreva le vacanze.

Cosa nostra, secondo quanto riferisce il pentito, avrebbe anche pensato di colpirlo a Roma. “Contattammo perciò Salvatore Cucuzza che ci mise a disposizione il suo locale. Avrebbe dovuto dire a Di Matteo che voleva parlargli della trattativa per farlo andare da lui”. Ma il progetto di attentato, risalente al 2012 non è mai stai portato a termine. “Perché?” chiede il pm Vittorio Teresi al pentito. “Perché poi – ha spiegato Galatolo – tra novembre 2013 e dicembre 2014 arrestarono Alessandro D’ambrogio, Girolamo Biondino e Vincenzo Graziano che erano quelli che con me avrebbero dovuto organizzare l’attentato”.

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