Diritti gay, Strasburgo condanna l’Italia | Introdurre il riconoscimento delle unioni civili

di Redazione

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Diritti gay, Strasburgo condanna l’Italia | Introdurre il riconoscimento delle unioni civili

| martedì 21 Luglio 2015 - 10:51

L’Italia deve introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso.

L’ha stabilito la Corte europea dei diritti umani. I giudici di Strasburgo hanno condannato l’Italia per la violazione dei diritti di tre coppie omosessuali e in particolare per quanto riguarda l’articolo 8 della Convenzione europea: il diritto al rispetto per la vita privata e familiare.

Il giudizio è stato espresso all’unanimità nell’ambito del caso sollevato da Enrico Oliari,  45 anni, presidente di Gaylib, l’associazione nazionale dei gay liberali e di centrodestra, e altri contro l’Italia: “La Corte ha considerato che la tutela legale attualmente disponibile in Italia per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile”.

La loro battaglia era iniziata dieci anni fa con la richiesta di pubblicazione delle nozze da parte dei rispettivi comuni, ed era poi approdata in Europa. Oggi arriva la gioia condivisa anche su Facebook.

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Ora tutti e 47 gli Stati facenti capo alla Cedu sono – in teoria – costretti a legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Le coppie omosessuali “hanno le stesse necessità di riconoscimento e di tutela della loro relazione al pari delle coppie eterosessuali – scrive ancora la Corte – Per questo l’Italia e gli Stati firmatari della Cedu devono rispettare il loro diritto fondamentale ad ottenere forme di riconoscimento che sono sostanzialmente allineate con il matrimonio. L’Italia è l’unica democrazia occidentale a mancare a questo impegno“.

In realtà l’Italia non è la sola a venire meno a “questo impegno”. In Europa nemmeno la Grecia riconosce le unioni tra le persone dello stesso sesso, e diversi altri paesi tra i 47 del Consiglio d’Europa – tra questi la Turchia, la Polonia, la Bulgaria, la Romania, la Russia, la Slovacchia e l’Ucraina – non prevedono nessun riconoscimento.

I primi a presentare ricorso erano stati nel settembre 2013 Antonio Garullo e Mario Ottocento, cioè la prima coppia omosessuale italiana a essersi sposata all’estero 11 anni prima (in Olanda).

Quella di oggi potrebbe essere solo la prima di una serie di sentenze con cui la Corte europea dei diritti dell’uomo si pronuncerà sulla necessità di introdurre nell’ordinamento nazionale una norma che riconosca le unioni civili. Davanti ai giudici di Strasburgo sono infatti pendenti altri quattro ricorsi riguardanti la registrazione di matrimoni contratti all’estero e uno in cui si chiede di condannare l’Italia perchè ha impedito il ricongiungimento familiare di una coppia formata da un cittadino italiano e dal suo compagno neozelandese.

La Corte di Strasburgo ha già comunicato al governo i ricorsi presentati da varie coppie (di cui una formata da donne e le altre da uomini) che essendosi sposate in Canada e Olanda hanno chiesto alle autorità italiane di registrare l’atto di nozze. Tutte le coppie si sono viste rifiutare la trascrizione perchè la legge italiana non riconosce il matrimonio tra persone dello sesso sesso.

Le coppie si sono quindi rivolte alla Corte di Strasburgo sostenendo che l’Italia sta violando il loro diritto al rispetto della vita privata e familiare, al matrimonio e a non essere discriminati perchè nella legislazione non è prevista alcuna forma di riconoscimento legale della loro unione. In pratica, le stesse argomentazioni sostenute dai ricorrenti a cui oggi Strasburgo ha dato ragione.

L’altra causa pendente davanti alla Corte è invece incentrata sull’impossibilità per un cittadino della Nuova Zelanda di ottenere un permesso di soggiorno come membro della famiglia per raggiungere il suo compagno italiano. Nel suo ricorso, la coppia – che ha finito per trasferirsi per ora in Olanda – accusa l’Italia di averli discriminati sulla base del loro orientamento sessuale rispetto agli altri cittadini.

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