Usa, polemiche sul possesso di armi per autodifesa | I dubbi di Barack Obama e il potere delle lobbies

di Giuseppe Citrolo

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Usa, polemiche sul possesso di armi per autodifesa | I dubbi di Barack Obama e il potere delle lobbies

| martedì 08 Dicembre 2015 - 18:18

Il tragico massacro di San Bernardino ha rilanciato in America il dibattito sulle armi. La coppia che ha assalito il centro sociale disponeva infatti di un vero e proprio arsenale di pistole, mitragliatori ed esplosivi. Clamoroso il titolo del  più autorevole quotidiano americano, il New York Times: ”Fermate l’epidemia delle armi. E’ una disgrazia nazionale il fatto che i civili possano legalmente acquistare armi che uccidono le persone con brutale velocità ed efficienza”. Il presidente Obama, che già in passato aveva stigmatizzato la facilità con cui si può acquistare un’arma negli Stati Uniti, ha aggiunto: “Oggi, persone che non possono prendere aerei perché ritenute pericolose, possono entrare in un negozio e comprare una pistola. E’ una follia”.

Si stima che oggi 320 milioni di americani posseggano 270 milioni di armi da fuoco: quasi il 40% delle famiglie possiede almeno una pistola e si stima che siano in mani americane quasi la metà delle armi detenute nel mondo in ambito familiare. In media 32.000 americani muoiono ogni anno a causa delle armi da fuoco: oltre gli assalti armati, tristemente frequenti nel paese, sono migliaia i casi di omicidio o suicidio e gli incidenti domestici. Per avere un’idea, in Italia sono meno di 1000 i morti all’anno per analoghi motivi.

Servirebbe un intervento legislativo per limitare in modo deciso l’accesso alle armi da parte dei privati cittadini. Ma non è una cosa così semplice. Il secondo emendamento alla costituzione americana, adottato nel 1791, sancisce il diritto per tutti i cittadini americani di possedere e portare armi per autodifesa. “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia ben regolamentata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto”. Il dettato costituzionale riflette il contesto storico degli Stati Uniti di fine settecento: una nazione reduce dalla guerra di indipendenza, nella quale la sicurezza personale era a rischio per i rapporti conflittuali con i nativi e le sacche di resistenza nel sud del paese; un paese rurale dove la caccia era fondamentale per la sussistenza di molte famiglie.

La stampa Liberal americana ritiene che il secondo emendamento sia perfettamente compatibile con una forte restrizione sull’accesso dei privati alle armi da fuoco: la “milizia ben regolamentata” è rappresentata nell’America moderna dalle forze dell’ordine, che sono deputate alla difesa dei cittadini. Si tratta di un’interpretazione vicina alla sensibilità prevalente in Europa. La Corte Suprema americana è stata, nel corso della sua storia, chiamata più volte a dirimere controversie sull’interpretazione dell’emendamento. L’ultima nel luglio del 2008, in un caso che opponeva dei privati al distretto della Columbia, a causa dell’introduzione di misure restrittive sull’acquisto di armi per uso personale. La Corte ha riconosciuto il diritto dei cittadini di possedere armi, un diritto individuale ed inviolabile al pari di quello del voto. I giudici costituzionali non hanno peraltro escluso forme di regolamentazione, in quanto nessun diritto “per quanto inalienabile, può ritenersi illimitato”.

La Casa Bianca ha da tempo proposto alcune misure minime a livello federale per rafforzare i controlli sulla vendita delle armi, nel rispetto dei dettami costituzionali: rendere disponibili informazioni sul passato criminale o le condizioni di salute mentale del potenziale acquirente tramite un database diffuso a livello capillare e finanziato con fondi federali; vietare la vendita al pubblico di alcune tipologie di armi da fuoco quali le armi d’assalto; finanziare a livello federale il sistema nazionale di prevenzione e cura per la salute mentale; limitare la diffusione dell’informazione e della pubblicità di settore. Si tratta di una posizione prudente: Obama sa quanto sia popolare l’argomento della libertà di autodifesa tra gli americani. Ed è anche l’argomento principe per una delle più potenti lobbies americane, la National Rifle Association, che si oppone a qualsiasi misura restrittiva sulle armi per “difendere la Costituzione americana, con particolare riferimento all’inalienabile diritto dei cittadini americani di possedere e portare armi”.

La NRA, nata nel 1871, conta oggi oltre 5 milioni di membri. Dispone di mezzi importanti: si stima che quasi il 90% dei  repubblicani al Congresso e oltre il 10% dei democratici abbiano ricevuto dei contributi economici. In tempi storici si occupava soprattutto della caccia e degli sport da tiro. Sino agli anni ’70 ha tenuto una visione nel complesso moderata sulla diffusione delle armi da fuoco; fu ad esempio favorevole al Gun Control Act del 1968, che introduceva alcune misure restrittive. La svolta arriva alla metà degli anni settanta, quando il suo presidente Harlon Carter apre un ufficio interno per gli affari legislativi e spinge per l’intensificazione del lobbying politico a favore di una visione massimalista per la libertà di acquistare e portare armi di qualsiasi tipo. Una posizione che fa ampia breccia nel partito repubblicano e blocca di fatto qualsiasi iniziativa di revisione radicale della legislazione americana in materia .

Sul caso di San Bernardino Chris Cox, direttore esecutivo della NRA, ha evidenziato il fatto che la California è uno degli Stati con la legislazione più restrittiva in materia di armi da fuoco e che, di fatto, ha già adottato le misure di prevenzione e controllo che la Casa Bianca promuove a livello federale. Ha accusato quindi il Presidente di speculare politicamente sulla legislazione per il controllo delle armi da fuoco, per nascondere il suo fallimento nel difendere i cittadini americani da attacchi terroristici. “La NRA non accetterà mai alcuna responsabilità per i massacri in America – ha detto – né ci scuseremo mai per la difesa del diritto degli americani a difendersi contro di essi”.

Come si vede, il problema spacca l’America in due e per Obama non sarà affatto semplice imporre il proprio punto di vista.

 

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