Yemen in ginocchio dopo un anno di guerra civile | Onu, il 15 dicembre nuovi colloqui per la pace

di Giuseppe Citrolo

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Yemen in ginocchio dopo un anno di guerra civile | Onu, il 15 dicembre nuovi colloqui per la pace

| giovedì 10 Dicembre 2015 - 12:50

Yemen, 6 dicembre 2015: il governatore di Aden, Jaafar Saad, ed alcune guardie del corpo vengono uccisi in un attentato. E’ l’ultimo atto di uno stato di conflitto interno permanente che sconvolge lo Yemen da mesi e minaccia di portare il paese ”sull’orlo della Guerra civile”, come riferiscono fonti ufficiali dell’Onu. Questo conflitto funesta il paese più povero del Medio Oriente; le risorse petrolifere sono scarse e l’agricoltura, che impiega per oltre il 50% la popolazione locale, è minacciata da grandi problemi di approvvigionamento idrico.

Si stima che circa 100.000 persone siano state costrette a lasciare le proprie case, rifugiandosi ai confini con Arabia Saudita e Oman o attraversando il Mar Rosso sino a Gibuti e Somalia. Oltre 10 milioni di yemeniti, un terzo della popolazione totale, sono privi di cibo ed acqua a sufficienza. Valerie Amos, sottosegretario generale agli affari umanitari dell’Onu, si è detta ”estremamente preoccupata” per la sorte dei civili yemeniti. Due gli schieramenti principali che si combattono: da un lato i ribelli sciiti Houthi, sostenuti e armati dall’Iran, che hanno assunto il controllo del nord e della capitale Sanaa; dall’altro le forze fedeli al presidente Hadi, sunnita sostenuto dall’Arabia Saudita, che presidiano il sud del paese. Un altro capitolo quindi dello scontro tra Sunniti e Sciiti e tra le potenze regionali che sostengono le due fazioni religiose. E l’esercito yemenita è spaccato, con truppe fedeli all’uno o all’altro schieramento.

L’attuale conflitto ha inizio nel gennaio 2015, quando i ribelli Houti attaccano Sanaa e occupano il palazzo presidenziale, costringendo alla fuga il presidente Hadi. A fine marzo Hadi, che ha stabilito il proprio quartier generale ad Aden, si ritrova ancora sotto assedio da parte dei ribelli sciiti, che avanzano dal nord del paese. Chiede aiuto ai propri alleati sunniti: si forma quindi una coalizione a guida saudita che include anche Egitto, Marocco, Sudan, Giordania ed Emirati Arabi. Gli alleati di Hadi intervengono con raid aerei per indebolire le postazioni dei ribelli sciiti.

Le organizzazioni umanitarie internazionali hanno accusato le fazioni in lotta di molti crimini di guerra. L’aviazione saudita ha bombardato anche obiettivi civili: un campo di rifugiati a Mazraq, una fabbrica di latticini a Hodaida ove sono morti 30 civili. Da parte loro, i ribelli Houthi hanno costretto migliaia di persone a lasciare le proprie case, dirette ai campi profughi o all’estero. A maggio l’Oman, paese confinante che segue con preoccupazione l’evolversi degli scontri, ha proposto un piano di pace: l’armistizio ed il disarmo delle forze Houthi, la restaurazione dell’autorità del presidente Hadi su tutto il paese e nuove elezioni parlamentari e presidenziali. La proposta è rimasta però lettera morta, non riscontrando l’ interesse né degli iraniani né dei sauditi.

Il “Palazzo di vetro” ha tentato varie iniziative per dare un po’ di respiro al popolo yemenita; ad aprile, in sede di consiglio di sicurezza, la Russia – vicina all’Iran sciita – ha chiesto ”pause umanitarie” nella campagna di bombardamenti della coalizione; a maggio l’Onu ha adottato una risoluzione per un embargo sugli armamenti a danno dei ribelli Houthi e ha loro intimato di uscire dalla capitale Sanaa; a giugno un tentativo di iniziare dei colloqui di pace a Ginevra è naufragato tra accuse reciproche tra le parti in causa; è stato quindi nominato un inviato speciale per lo Yemen, il diplomatico mauritano Ismail Ahmed, ed il 15 dicembre dovrebbero cominciare in Svizzera altri colloqui di pace, sulla base della risoluzione Onu di maggio. Il recente attentato viene letto come un tentativo dei ribelli sciiti di destabilizzare questa trattativa.

La guerra civile scoppiata quest’anno è l’escalation di un lungo periodo di instabilità cominciato nel lontano 2004; nel 2011 il paese è scosso da violente proteste contro l’allora presidente Saleh, costretto all’esilio. In questi anni di caos, cresce nel paese la presenza del terrorismo internazionale: il gruppo Aqap, affiliato ad Al Qaeda, stabilisce nello Yemen la base operativa principale per colpire varie zone della penisola arabica ed interessi occidentali. E nel 2005 gli americani iniziano i raid mirati con droni in territorio yemenita per colpire i militanti di Al Qaeda. Queste operazioni sono state prudentemente interrotte da quando è scoppiata la guerra civile: gli Stati Uniti non vogliono essere coinvolti in un conflitto considerato “minore”.

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