Come scoraggiare i flussi migratori | Le leggi della Danimarca e i dubbi dell’Ue

di Giuseppe Citrolo

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Come scoraggiare i flussi migratori | Le leggi della Danimarca e i dubbi dell’Ue

| domenica 31 Gennaio 2016 - 19:58

Il 26 gennaio il Parlamento danese ha approvato a grande maggioranza una legge “anti-rifugiati”. La legge autorizza le autorità danesi a sequestrare ogni bene di valore superiore ai 1.450 dollari dai richiedenti asilo per pagare la sussistenza degli immigrati nel paese; estende anche, da un anno a tre, il periodo di attesa dei rifugiati per il ricongiungimento dei propri familiari dai paesi d’origine.

Questa legge ha avuto risonanza mediatica mondiale, con toni accesi e riferimenti persino alle confische naziste ai danni degli ebrei; rafforza inoltre la reputazione della Danimarca come paese dell’Europa occidentale meno attraente per i rifugiati. Le misure hanno suscitato polemiche interne: l’Istituto danese per i Diritti Umani ha definito la legge una “chiara violazione” della Convenzione Europea per i Diritti Umani che richiede di procedere rapidamente alla riunificazione familiare; un parlamentare danese ha definito le misure di confisca come “oscene e grottesche”. Il Parlamento Europeo ha richiesto un’audizione urgente per ricevere spiegazioni dalla Danimarca sul testo di legge.

Si tratta di una differente strategia per contrastare i flussi migratori, quella dei disincentivi economici e sociali, laddove molti paesi vicini stringono le maglie alle frontiere intensificando i controlli. Ed è solo l’atto più recente di una serie di decisioni che vanno nella stessa direzione. Nell’agosto del 2015,il governo danese ha tagliato del 45% gli aiuti sociali a immigrati e rifugiati; perchè il messaggio fosse ben ricevuto, ha provveduto a pubblicizzare questo provvedimento sui giornali in Libano, paese che ospita un gran numero di rifugiati siriani. Più recentemente, il governo ha proposto di spostare i rifugiati dagli appartamenti cittadini ai campi fuori dalle città. Il consiglio comunale di una città danese ha obbligato le mense scolastiche della città a servire carne di maiale, che i musulmani non mangiano .

La Danimarca non è peraltro un paese a tradizione xenofoba: nello scorso secolo ha accolto immigrati dal blocco sovietico, dal medio oriente e dai Balcani. Oggi gli immigrati e i loro discendenti sono il dieci per cento dei sei milioni di danesi. La Danimarca ha firmato la convenzione Onu sui rifugiati del 1951 e il consiglio danese per i rifugiati – un’organizzazione in parte finanziata dal governo danese – è attivo a sostegno dei rifugiati in tutto il mondo.

Nel 2015 21.000 persone hanno chiesto asilo in Danimarca; erano state 14.000 nel 2014 e 7.000 nel 2013. Sono numeri che lo stato sociale danese – che garantisce, tra le altre cose, scolarizzazione e sanità gratuite ad ogni cittadino – non riesce a gestire. “Come membro dell’UE e firmatario delle convenzioni Onu la Danimarca deve offrire un’opportunità di ascolto a chi si presenta ai suoi confini”, spiega Demetrios Papademetriou, analista del Migration Policy Institute. “Se il migrante richiede asilo, lo stato danese deve valutare quella domanda di asilo”.

Quindi il governo sta adottando misure dissuasive atte a rendere il paese meno attraente, invece di chiudere le proprie frontiere o vietare la concessione dell’asilo politico; provvedimenti, questi ultimi, in conflitto con gli impegni assunti a livello internazionale sul tema dell’immigrazione. Queste politiche sono state in parte suggerite dal Partito del Popolo Danese. E’ un partito populista e di estrema destra, arrivato secondo alle elezioni politiche del 2015 e che tiene a galla il governo a guida liberale con il suo appoggio esterno. Peraltro “la dissuasione” gode dell’appoggio di buona parte dell’opinione pubblica nazionale: secondo recenti sondaggi, il 37% dei danesi si oppone a ulteriori permessi di residenza per i migranti e il 70% considera la crisi dei rifugiati il tema politico più importante per il paese.

Le confische adottate dalla Danimarca non sono una caso isolato in Europa. La Svizzera ha imitato il disincentivo economico, forzando i rifugiati a cedere oggetti in loro possesso del valore superiore a 1.000 franchi. Misure analoghe  saranno applicate in alcuni Lander tedeschi: il ministro dell’interno bavarese , Joachim Hermann, ha dichiarato che seguirà l’esempio svizzero, confiscando ai rifugiati beni oltre i 750 euro per coprire le spese di accoglienza. Una vera e propria corsa al rialzo nell’odiosa “Tassa ai Rifugiati”? Certamente un altro capitolo triste nella vicenda dei migranti, che sta travolgendo valori europei che credevamo consolidati.

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