Trattativa Stato-mafia, parla Ciancimino jr | “Provenzano era libero di muoversi”

di Redazione

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Trattativa Stato-mafia, parla Ciancimino jr | “Provenzano era libero di muoversi”

| giovedì 04 Febbraio 2016 - 12:58

È il giorno della deposizione di Massimo Ciancimino imputato e teste nell’ambito del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Il figlio di don Vito Ciancimino ha riferito che il padre “conosceva Bernardo Provenzano e anche io e i miei fratelli lo conoscevamo. Frequentava settimanalmente casa nostra. Ne ho ricordi fin dagli anni 70. C’era un rapporto familiare. Si presentava col nome di ingegnere Lo Verde”. Il boss e l’ex sindaco di Palermo si sarebbero visti, negli ultimi anni, nella casa romana di Ciancimino.

“Una volta andando dal barbiere vidi sul settimanale Epoca l’identikit invecchiato di Provenzano e capii chi era. – ha aggiunto Massimo Ciancimino – Tornando a casa chiesi a mio padre se fosse Lo Verde? Lui si fermò per strada e mi disse ‘ricordati che da questa situazione non ti può salvare nessuno'”.

Ciancimino ha riferito di avere intrecciato rapporti con Provenzano fino a poco prima della morte del padre. “Andavamo anche a mangiare fuori – ha aggiunto – Poi, quando l’azione dello Stato contro la mafia si fa più serrata, negli anni ’80, abbiamo cominciato ad adottare delle cautele visto che Provenzano era latitante”.

“Provenzano si muoveva liberamente grazie a degli accordi che erano stati stretti in anni passati, me lo disse mio padre”, ha detto ancora Ciancimino. “Mi spiegò che tanto Provenzano non lo cercava nessuno e che godeva di tutela e si muoveva tranquillamente”. “Lui si poteva muovere nel territorio italiano – ha osservato – e aveva potuto prendere la guida di Cosa nostra per fermare l’escalation di violenza che aveva avviato Riina e che questo rientrava negli accordi che aveva siglato con le istituzioni”.

“Ho fatto da tramite nello scambio di ‘pizzini’ tra mio padre e Provenzano per molto tempo. Mio padre era molto cauto nel gestire la corrispondenza: li apriva con i guanti in lattice, li fotocopiava e poi li bruciava”, ha precisato il figlio dell’ex sindaco di Palermo.

Poi ha raccontato di avere svolto il ruolo di intermediario anche tra il padre e Totò Riina. “Quando arrivava una lettera di Riina, che lui non stimava per niente, era un momento di ilarità”. Ciancimino avrebbe preso da Antonino Cinà i messaggi del capomafia e di avere saputo solo nel 1992 che venivano da Riina. Quelli per e da Provenzano “li gestivo io direttamente anche tra maggio e dicembre del 1992”.

Totò Riina, ricoverato in ospedale per una insufficienza renale, stamattina è stato portato nel carcere di Parma per partecipare in videoconferenza all’udienza del processo steso su una lettiga.

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