Il Pakistan tra povertà e terrorismo islamista | La strada della stabilità è in salita anche se…

di Giuseppe Citrolo

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Il Pakistan tra povertà e terrorismo islamista | La strada della stabilità è in salita anche se…

| venerdì 01 Aprile 2016 - 16:44

È stata una Pasqua tragica per il Pakistan. Domenica 27 marzo un attentatore suicida si è fatto esplodere in mezzo ad una folla di cristiani che, per la festività, si era recata nel parco Gulshan Iqbal a Lahore, uccidendo 72 persone e ferendone circa 300. L’attentato è stato rivendicato da Jamaat-Ul-Ahrar, un gruppo affine ai Talebani Pachistani. Almeno 29 delle vittime sono bambini. Nel comunicato di rivendicazione, il portavoce dei terroristi Ehsanullah Ehsan ha anche minacciato che tali attacchi continueranno.

Il primo ministro pakistano Muhammad Nawaz Sharif ha duramente condannato l’attacco, che ha colpito la città di cui è originario e in cui si trova la base del suo potere politico. Nei giorni successivi all’attentato le forze dell’ordine pachistane hanno arrestato più di 200 persone sospettate di essere vicine ai gruppi terroristici.

Il Pakistan è un paese a maggioranza islamica del subcontinente indiano; circa il 90% dei pakistani è musulmano sunnita; il restante 10% si divide fra indù, cristiani e musulmani sciiti. Si tratta di un paese dalla storia e dal presente travagliati: è nato nel 1947 dalla spartizione dell’India Britannica in due stati, l’India a maggioranza indù e appunto il Pakistan a maggioranza musulmana. Questa spartizione provocò violenze gravissime fra indù e musulmani: ci furono circa 100.000 vittime e 3 milioni di persone furono costrette per motivi religiosi ad abbandonare le proprie case in uno dei due nuovi stati e rifugiarsi nell’altro.

I rapporti di questo nuovo stato con il potente vicino indiano sono sempre stati e sono tuttora molto tesi:ci sono state 4 guerre fra i due paesi, nel 1948, 1965, 1971 e 1999. Nel corso della guerra indo-pakistana del 1971 il Pakistan ha perso il controllo del territorio del Bengala Orientale, che da allora è diventato lo stato indipendente del Bangladesh. Dal punto di vista interno, la storia politica del Pakistan, dall’indipendenza ad oggi, viene divisa in quattro ere democratiche (1947-58, 1971-77, 1988-99, dal 2008 ad oggi) e tre ere di dittatura militare (1958-71, 1977-88, 1999-2007). L’economia del paese, malgrado il grande potenziale ed un ottima situazione demografica, e l’inserimento fra i “Next Eleven” della Goldman Sachs, resta travagliata da inefficenze e corruzione; inoltre ancora oggi il 43% dei Pakistani lavora nell’agricoltura.

Proprio per sfuggire alla povertà del proprio paese, negli ultimi decenni milioni di pakistani sono emigrati all‘estero. Oggi si stima che otto milioni e mezzo di cittadini Pakistani vivano all’estero, prevalentemente in Arabia Saudita, Gran Bretagna e Stati Uniti. C’è un’importante comunità anche da noi in Italia, a Brescia. Il terrorismo di matrice islamista è diventato negli ultimi anni una vera tragedia per il Pakistan. Si stima che circa 40.000 civili pakistani abbiano perso la vita in attentati terroristici dal 2000 ad oggi. L’ex presidente pakistano Pervez Musharraf ha ammesso che i gruppi terroristici oggi operanti in Pakistan sono nati e cresciuti con il sostegno statale a partire dall’epoca della dittatura militare di Muhammad Zia, cioè gli anni Ottanta; poi le autorità Pakistane ne hanno perso il controllo, coi risultati drammatici che vediamo ora. Obiettivo dei terroristi è l’instaurazione nel paese di un regime islamista radicale.

Pesa anche la drammatica situazione del vicino Afghanistan, dove i guerriglieri talebani sono in lotta con il governo di Kabul e con una coalizione militare internazionale a guida americana. Molti guerriglieri talebani dall’Afghanistan si sono rifugiati nelle province pakistane di confine, specialmente nelle Federally Administred Tribal Areas attorno alla città di Peshawar, mal controllate dal governo di Islamabad, e da lì lanciano mortiferi attacchi terroristici in tutto il paese, specialmente prendendo di mira minoranze religiose come sciiti o cristiani.

Il rapporto fra Stati Uniti e Pakistan è di lunga data: fin dall’indipendenza pakistana nel 1947, i due paesi hanno allacciato relazioni diplomatiche. Nel corso della guerra fredda il Pakistan è stato un fedele alleato degli Stati Uniti in funzione anti-sovietica, per esempio fornendo armi ai guerriglieri afghani impegnati nella lotta contro l’occupazione sovietica. Questo paese, con gli attentati dell’11 settembre 2001, è finito ancora una volta al centro dell’interesse geopolitico americano, con l’amministrazione Bush impegnata ad invadere l’Afghanistan e a combattere Al Qaeda che riconosceva nel regime militare di Musharraf un importante alleato regionale, destinatario di generosi pacchetti di aiuti militari.

Più recentemente però, con l’amministrazione Obama, ci sono state tensioni fra i due paesi: gli Stati Uniti hanno accusato i servizi segreti pakistani di sostenere sottobanco i talebani in Afghanistan; il governo Pakistano ha criticato i raid dei droni americani nell’ovest del paese, che hanno ucciso centinaia di civili. Non ha certo contribuito a calmare le tensioni il raid con cui le forze speciali americane hanno ucciso Osama Bin Laden nel 2011 ad Abbottabad, una cittadina pakistana di circa 100.000 abitanti non lontana dalla capitale Islamabad, senza informarne prima le autorità Pakistane.

Oggi, secondo vari sondaggi, solo il 15% dei pakistani apprezza gli Stati Uniti. In conclusione, la strada verso la stabilizzazione politica e la sconfitta del terrorismo islamista sembra lunga per questo paese asiatico; ci sono alcuni segni incoraggianti, malgrado tutto: la recente visita in Pakistan del premier indiano Modi, che ha parlato di un futuro di cooperazione fra i due paesi, e il successo globale di una figura come Malala Yousafzai, giovanissima Pakistana sopravvissuta miracolosamente ad un attacco terroristico talebano, attivista per il diritto all’educazione delle ragazze e premio Nobel per la pace 2014.

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