Colpo alle casse di “Cosa Nostra” agrigentina | Sequestrati 800mila euro a due boss VIDEO

di Emanuele Termini

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Colpo alle casse di “Cosa Nostra” agrigentina | Sequestrati 800mila euro a due boss VIDEO

| lunedì 04 Aprile 2016 - 07:59

Ammonta a circa 800mila euro il valore dei beni sequestrati dalla Direzione Investigativa Antimafia di Agrigento nei confronti di Simone Capizzi, 73enne, e del figlio Giuseppe Capizzi, 50enne, entrambi originari di Ribera (AG) e al momento detenuti, considerati elementi di spicco di “Cosa Nostra” agrigentina.

Simone Capizzi, conosciuto come “Peppe” (detenuto dall’ottobre 1993), è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di mafia del Maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, di cui oggi ricorre il ventiquattresimo anniversario.

La sua ascesa mafiosa è coincisa con l’uccisione del boss riberese Carmelo Colletti (avvenuta nel luglio del 1983), a fronte della quale ha ottenuto l’“affidamento della gestione mafiosa”, su ordine di Salvatore Riina e dei rappresentanti degli altri “mandamenti” della provincia di Agrigento.

Giuseppe Capizzi è stato, invece, tratto in arresto nel luglio del 2006 poiché indagato, in concorso con altri, per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso. Per tali fatti la Corte d’Appello di Palermo lo ha condannato a otto anni di reclusione.

La stessa Corte d’Appello lo ha successivamente condannato a dieci anni di reclusione per il reato di estorsione aggravata. In tale contesto “è stato, altresì, ritenuto organico a “cosa nostra riberese” della provincia agrigentina, con un ruolo di indubbio spessore, comprovato tra l’altro dagli stretti rapporti intrattenuti con l’ex latitante Giuseppe Falsone, già rappresentate provinciale di cosa nostra.

Spiccano anche i “pizzini” sequestrati a Bernardo Provenzano e a Antonino Giuffrè, poi divenuto collaboratore di giustizia, “concernenti il conflitto sorto tra il Capizzi Giuseppe e Grigoli Giuseppe, imprenditore trapanese nel settore alimentare, considerato prestanome di Matteo MESSINA DENARO.

In particolare, la questione era sorta in ordine ad un debito del Capizzi nei confronti del Grigoli per forniture alimentari al punto vendita DESPAR di Ribera. Per tale diatriba i capi delle province mafiose di Agrigento e Trapani avevano investito il boss Bernardo Provenzano, attraverso una copiosa corrispondenza epistolare.

Gli odierni provvedimenti di confisca, che riguardano complessivamente 10 terreni e 3 fabbricati del valore complessivo stimato in oltre 800.000 euro, traggono origine dall’esito dalle indagini svolte dalla Sezione Operativa D.I.A. di Agrigento. 

È emerso che, nei primi anni ‘90, alcuni soggetti, formali intestatari degli immobili, avevano venduto o promesso in vendita gli stessi alla famiglia Capizzi, tramite scritture private non registrate e senza formalizzare la compravendita, col fine di eludere eventuali provvedimenti ablativi.

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